Scorciatoie per neuroni

Alle frontiere della neuroingegneria si studiano i nanotubi di carbonio. Questi materiali, infatti, conducono molto bene i segnali elettrici e potrebbero essere utilizzati un giorno come ponti tra circuiti neuronali interrotti, per ristabilire una connessione danneggiata o potenziare l’attività delle cellule.

Da studi recenti si sa che le cellule nervose fatte crescere su un substrato di nanotubi di carbonio aumentano la loro attività. Ma il modo in cui questo avvenga non è ancora compreso del tutto. Una ricerca, per la maggior parte italiana, propone ora una spiegazione: le strutture di carbonio interagiscono su scala nanometrica con le membrane dei neuroni, instaurando stretti contatti. Grazie a questa perfetta integrazione, i nanotubi funzionano come una sorta di scorciatoia per il segnale elettrico, perché collegano in maniera diretta il centro del neurone con le sue terminazioni.

Michele Giugliano dell’Università di Anversa, Laura Ballerini del Brain Center di Trieste, Henry Markam del Laboratory of Neural Microcircuitry (Svizzera) e il chimico Maurizio Prato dell’Università di Trieste, autori dell’articolo apparso su Nature Nanotechnology, hanno osservato l’elettrofisiologia delle singole cellule e costruito un modello matematico che rende conto di questo comportamento.

“Nei neuroni, il segnale elettrico può viaggiare in tutte le direzioni”, spiega Ballerini, che dirige anche il progetto europeo NeuroNano, “ma, a seconda del tipo di cellula nervosa, la trasmissione avviene in modo più o meno efficiente. In particolare quella retrograda, che va dalla terminazione al centro della cellula, non è sempre ottimale. In questi casi, i nanotubi, proprio grazie alle loro dimensioni, possono integrarsi perfettamente con la membrana cellulare e fare da ponte ai segnali, favorendone il passaggio”. Il potenziamento, sottolineano gli autori, si riflette sull’attività della sinapsi, cioè sulla velocità di scambio di informazioni tra due neuroni.

Finora i nanotubi di carbonio sono stati applicati allo studio di numerosi tessuti nervosi, ma solo in coltura. La prima ricerca in vivo (che ha sperimentato l’applicazione del materiale su elettrodi per sondare l’attività cerebrale in alcuni primati e nei topi) è stato pubblicato la scorsa primavera, sempre su Nature Nanotechnology. (t.m.)

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