Categorie: Spazio

Se c’è ozono c’è vita? Forse

Il ghiaccio che ricopre la superficie inospitale di due satelliti di Saturno, Rhea e Dione, è inaspettatamente ricco di ossigeno e di ozono. I dati, raccolti da uno spettrografo del telescopio spaziale Hubble e pubblicati sull’ultimo numero di Nature, suggeriscono però che la presenza di ossigeno e ozono nello spettro di un pianeta non sia necessariamente un buon indicatore dell’esistenza di attività biologica.

Il ghiaccio d’acqua è uno dei principali componenti dei corpi solidi del sistema solare esterni all’orbita di Giove. Alcuni satelliti dello stesso Giove, Ganimede, Callisto e Titano, sono costituiti per il 40% di ghiaccio d’acqua e quelli di Saturno, Teti, Dione, Rhea e Iapeto, per il 60%. Questi corpi, che di solito orbitano all’interno della magnetosfera dei rispettivi pianeti, sono costantemente investiti da fasci di ioni ad alta energia intrappolati nel campo magnetico. I ricercatori del Ames Research Center della Nasa avevano stabilito da tempo che l’azione della pioggia di particelle sul ghiaccio d’acqua provoca la rottura dei legami tra ossigeno e idrogeno e libera nell’atmosfera una moderata quantità di ossigeno. In accordo con le previsioni, una debole atmosfera di ossigeno era stata osservata su Ganimede.

Ora, inaspettatamente, nuovi rilevamenti spettrografici mostrano che i ghiacci di Rhea e Dione abbondano di ozono e di ossigeno. Quando la pioggia di particelle scioglie i legami tra idrogeno e ossigeno, ipotizzano i ricercatori, l’idrogeno, per la sua leggerezza e per estrema mobilità all’interno della struttura cristallina del ghiaccio, si allontana dalla superficie del corpo e si perde nello spazio. Grandi quantità di ossigeno rimangono, così, intrappolate nel ghiaccio. Le radiazioni ultraviolette che colpiscono la superficie del satellite provvedono poi a trasformare parte delle molecole biatomiche di ossigeno in ozono, con un rapporto tra le due molecole di 500 a 1.

Ted Roush, Dale Cruikshank e Yvonne Pendleton, tre degli autori dello studio, spiegano a Galileo le implicazioni dei nuovi dati. “L’ozono presente nell’atmosfera terrestre è prodotto da reazioni fotochimiche sull’ossigeno. E’ difficile individuare l’ossigeno con i rilevamenti spettrografici, l’ozono invece è più facile da rilevare. Ciò ha spinto altri ricercatori a suggerire che l’identificazione di ozono su pianeti extra solari sia il modo più semplice per dedurre la presenza di ossigeno. Inoltre è stato ipotizzato che la presenza di ossigeno su un pianeta indichi la presenza di attività biologica. Il nostro studio suggerisce che discrete quantità sia di ozono che di ossigeno possono essere veicolate alla Terra e ad altri pianeti dalle comete. La loro presenza, dunque, non indica necessariamente attività biologica. Sosteniamo, quindi, che il test dell’ozono per rilevare attività biologica può essere ambiguo.”

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