La tecnologia al servizio dell’arte. E’ il motto di Marc Levoy, professore di informatica alla Stanford University, che per una anno ha deciso di dedicarsi a Michelangelo. O meglio, alla riproduzione digitale delle opere del genio rinascimentale. Grazie al suo lavoro e al finanziamento della Fondazione Paul Allen, infatti, inizierà il 25 gennaio prossimo la “duplicazione” del David, il capolavoro del grande artista italiano. Prende il via così il Digital Michelangelo Project, il tentativo ambizioso di realizzare il primo archivio di immagini tridimensionali che riproducono fedelmente le produzioni michelangiolesche.
Il progetto è nato a Stanford nel 1997, quando un gruppo di ricercatori americani iniziò a lavorare alla realizzazione di uno scanner in grado di riprodurre le incisioni, anche quelle millimetriche, delle statue custodite a Roma e Firenze. L’apparecchiatura utilizza un laser con triangolazioni a bande che, grazie ad un braccio meccanico, può essere ruotato in ogni direzione, per catturare anche le pieghe più profonde dei vestiti. “Si proietta un fascio di luce laser in modo che sulla statua compaia una curva rossa riconoscibile alla telecamera”, spiega Levoy, “Poi il computer analizza l’immagine e misura la distanza tra i bordi dell’inquadratura e punti della statua illuminati dal laser”. Se non bastasse i ricercatori sono in grado di riprodurre anche l’architettura delle sale dove sono custodite le statue di Michelangelo con un laser del tipo “time of flight”, una macchina in grado di misurare distanze in base al tempo impiegato dalla luce laser per raggiungere un oggetto e tornare indietro.
Ora, dopo due anni di preparazione, è finalmente arrivato il momento di passare all’azione. Per farlo Levoy, insieme ad un gruppo di suoi studenti, sta trascorrendo l’anno accademico tra Firenze e Roma. E per ospitarli è stato appositamente allestito un vero laboratorio di computer grafica a Palazzo Tempi, vicino a Ponte Vecchio. Le operazioni di scansione di alcune opere michelangiolesche sono iniziate ufficialmente la scorsa settimana ma il pezzo forte, il David, sarà protagonista solo a partire dalla notte fra il 25 e il 26 gennaio, quando nelle Gallerie dell’Accademia il laser inizierà a lavorare sul volto della famosa statua. Lavorando tutte le notti, così da non impedire al pubblico di ammirare il capolavoro, Levoy e i suoi studenti stimano di completare il lavoro in una settimana. Il passo successivo sarà affidato ai computer che elaborando i dati raccolti dal laser saranno in grado di riprodurre perfettamente il capolavoro: le differenze saranno al massimo di un quarto di millimetro. Una cosa Levoy però l’ha già scoperta: il David è più alto di quanto riportato su tutti i libri di storia dell’arte. Basandosi su questi, infatti, i tecnici della Cyberware di Monterey in California, hanno costruito una macchina per scansionare una statua di quattro metri. E’ bastata una sola prova però per capire che l’apparecchio era troppo basso, “il David è alto più di cinque metri: 5 metri e 17 centimetri per l’esattezza”, afferma ancora lo scienziato americano.
Il Digital Michelangelo Project non si fermerà qui. Dopo Firenze, dove saranno studiate anche le statue custodite nella Cappella Medicea, il gruppo di Levoy si sposterà a Roma per lavorare sulla Pietà nella Basilica di San Pietro, sul Mosè in San Pietro in Vincoli e per ultima anche sulla Forma Romae Urbis, la pianta marmorea dell’antica città formata da 900 pezzi. Un enigma che nessuno finora è riuscito a svelare completamente.
Un’operazione ambiziosa, quindi, che il ricercatore americano, a garanzia contro lo sfruttamento a fini commerciali delle riproduzioni finali, sta portando avanti in collaborazione con le sovraintendenze di Roma e Firenze e con i Musei Vaticani. I dubbi però rimangono. Nonostante le assicurazioni di Levoy sui fini prettamente culturali del suo lavoro, infatti, rimane da vedere se la Fondazione Allen, che su questo progetto ha investito tempo e denaro, non abbia intravisto anche delle possibilità di marketing.