È primavera per i semiconduttori magnetici: niente più settanta gradi sottozero, ma temperature ambiente. È questa la caratteristica della nuova generazione di semiconduttori, nata nei laboratori Tasc di Trieste dell’Istituto nazionale per la fisica della materia (Infm-Cnr), e frutto della collaborazione fra Francesco Maccherozzi, Giancarlo Panaccione e Giorgio Rossi, e degli altri ricercatori delle università di Modena e Reggio Emilia e Ratisbona, della Ludwig Maximilian University di Monaco di Baviera e del Politecnico di Zurigo (qui lo studio).
Oggi esistono due modi per registrare le informazioni su un supporto: quello elettronico, in cui il linguaggio binario è dato dal passaggio di elettroni (i transistor), e quello magnetico (memorie mRam), più recente, in cui il linguaggio binario è dato dallo stato di magnetizzazione. Far comunicare questi due sistemi potrebbe potenziare in modo significativo le capacità di calcolo dei sistemi attuali, in attesa del lontano computer quantistico. Raddoppiare la capacità di elaborazione e di memoria di un chip mantenendone le dimensioni, senza quindi la necessità di scendere nel nanoscopico (a una scala, cioè, di un miliardesimi di metro) sono solo due delle promesse tecnologiche che i semiconduttori magnetici lasciano intravedere in un futuro prossimo.
Questi dispositivi sono stati realizzati oltre dieci anni fa, ma finora necessitavano di temperature molto inferiori allo zero per lavorare. Il problema ora sembra superato: Maccherozzi e colleghi sono partiti dai noti semiconduttori di arseniuro di gallio contenenti tracce di manganese, un metallo che ha proprietà ferromagnetiche attorno ai 200 gradi sotto lo zero. Per aumentare la temperatura di soglia, oltre la quale il comportamento ferromagnetico scompare, i ricercatori hanno depositato sul semiconduttore un film di ferro – metallo noto per le sue proprietà magnetiche – dello spessore di alcuni nanometri.
Ferro e manganese hanno interagito così efficacemente da dimostrare, nel nuovo materiale, un comportamento ferromagnetico anche fino a 30 gradi sopra lo zero: un salto di oltre cento gradi rispetto alla temperatura di partenza.
Questo risultato rappresenta una risposta tecnologica parallela a quella della corsa alla miniaturizzazione e la ricerca è stata selezionata dall’American Physical Society come una delle più rilevanti pubblicate su Physical Review Letters (l.c.)
Riferimento: Doi:10.1103/PhysRevLett.101.267201
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