Magari l’avete messa in cima alle cose da smettere di fare con l’inizio del nuovo anno. Parliamo dell’attività di sognare ad occhi aperti, quell’estraniarsi dal momento presente e dal mondo pur rimanendo svegli, immaginando altro, pensando ad altro. Eppure non è detto che sognare a occhi aperti sia così inutile, o peggio ancora dannoso. C’è chi ha avanzato l’ipotesi che queste distrazioni sarebbero produttive per la creatività e segno di intelligenza, chi invece sostiene che potrebbero favorire più in generale la plasticità cerebrale, aiutando il cervello a imparare. A suggerirlo è oggi un team di ricercatori sulle pagine di Nature, che ha studiato il fenomeno nei topi.
Nell’articolo scientifico non si parla esattamente di daydreaming – un termine di per sé poco scientifico – quanto piuttosto del fenomeno per cui a volte di ripercorrono esperienze passate da svegli. Ed è più propriamente questo quello che potremmo assimilare al sognare ad occhi aperti ed è quello su cui si sono concentrati i ricercatori guidati da Nghia Nguyen della Harvard Univerisity, primo autore della ricerca. In questo caso sognare a occhi aperti per i topi non significava altro che osservare nel loro cervello delle attività neuronali ricollegabili a quelle sperimentate durante la visualizzazione di alcune immagini.
Lo studio
Niente scenari da sogno però, quanto piuttosto delle semplici immagini a scacchiera sui toni del nero e bianco su sfondo grigio. Due quelle presentate nello studio, leggermente diverse, mostrate in sequenza, e intervallate da uno schermo tutto grigio. Ogni topo degli otto inclusi nello studio ha avuto modo di osservare decine di volte le immagini nel corso di una giornata, ogni volta per un paio di secondi, mentre lo schermo grigio veniva presentato per circa un minuto. Per capire come rispondessero i topi a questi stimoli visivi o durante i tempi morti dello schermo grigio, i ricercatori hanno studiato l’attività di migliaia di neuroni della loro corteccia visiva (tracciando la risposta indirettamente attraverso il monitoraggio degli ioni calcio).
In questo modo gli scienziati hanno osservato che il tempo di osservazione dello schermo grigio non era esattamente un tempo morto, ma era una fase in cui era possibile osservare dei pattern di attivazione cerebrale ricollegabili a quelli della fase di osservazione delle immagini. Spesso, spiegano, accompagnato da un’attività anche a livello dell’ippocampo, una zona del cervello importante per la memoria.“Riattivazioni stimolo-specifiche”, le definiscono gli autori, tecnicamente parlando. A loro modo utili, azzardano.
L’ipotesi infatti è che queste riattivazioni contribuiscano a discriminare le due immagini, i due stimoli, anche offline, quando non ci sono più, come può accadere in natura, si legge nel paper e commenta da Harvard Nguyen: “I nostri risultati suggeriscono che sognare ad occhi aperti potrebbe guidare questo processo differenziando gli schemi neurali associati alle due immagini”. In particolare, l’attività neuronale dei topi mentre sognavano a occhi aperti – quelle riattivazioni stimolo-specifiche per intendersi – somigliava alla risposta all’immagine quando veniva ripresentata nel corso della giornata o dei giorni a seguire, scrivono gli scienziati. Un fenomeno che, concludono i ricercatori potrebbe – condizionale d’obbligo, considerato il carattere preliminare delle osservazioni, nei topi – essere utile a discriminare diversi stimoli sensoriali appunto, e in sostanza per il consolidamento della memoria e l’apprendimento associativo. Quindi per ricordare e imparare.
Forse è il caso di rivedere la lista di quello che vorreste smettere di fare con l’inizio del nuovo anno?
Via: Wired.it
Credits immagine: Andrea Piacquadio via Pexels
Leggi anche: Perché a volte è più facile ricordare i sogni