Sorvegliare gli asteroidi non serve (e costa troppo)

(Credits: Kevin Gill/Flickr CC)

Lincidente di Chelyabinsk del 15 febbraio 2013 fu una completa sorpresa. Una meteora a ciel sereno, larga circa 18 metri e pesante 10mila tonnellate, che scoppiò nel cielo della cittadina russa causando una spaventosa onda d’urto che ferì 1.500 persone e distrusse diversi edifici. La roccia era troppo piccola per essere rivelata dagli strumenti a terra e dai telescopi in orbita. E se succedesse di nuovo? Saremmo in grado di prevedere un incidente del genere – o, ancora peggio, uno di portata più vasta – con preavviso sufficiente a minimizzare le perdite umane e i danni materiali? A un anno di distanza, quattro scienziati – tra cui gli italiani Davide Farnocchia del Jet Propulsion Laboratory della Nasae Federica Spoto dell’Università di Pisa, hanno provato a fare il punto della situazione. Arrivando alla conclusione che il gioco non vale la candela: le probabilità di impatto con una meteora sono così basse che il costo di un sistema d’allarme che lo preveda con largo anticipo è ingiustificabile.

In questo momento, racconta il New Scientist, milioni di piccoli frammenti di roccia oscillano in prossimità della Terra. Sono estremamente difficili da trovare e studiare perché riflettono poco la luce del Sole, e possono essere individuati solo quando si avvicinano all’atmosfera – posto che ci sia un telescopio puntato verso la porzione giusta di cielo. Qualche informazione in più viene dai cosiddetti telescopi wide-field, quelli in grado di scandagliare l’intero firmamento più volte nel corso di una notte. L’Atlas Telescope Array delle Hawaii, per esempio, entro la fine del 2015 dovrebbe essere in grado di trovare oggetti della dimensione di quello di Chelyabinsk con due giorni di preavviso, secondo John Tonry, il direttore del progetto di ricerca. Nel frattempo, anche l’Esasta pianificando di costruire uno strumento ancora più grande e potente, che dovrebbe raddoppiare il tempo di preallarme.

Il tempo è, naturalmente, un fattore cruciale. “Sapere con due giorni d’anticipo quando e dove avverrà l’impatto”, racconta Alan Harris, astronomo in pensione del Jet Propulsion Laboratory, “potrebbe ridurre notevolmente il numero delle vittime. Nel caso di Chelyabinsk, per esempio, anche un paio d’ore di anticipo sarebbe stato sufficiente per allertare le persone e diminuire i danni del 90%”. In ogni caso, la fortuna è più determinante di qualsiasi strumento. Anche le osservazioni terrestri più precise possono individuare solo rocce notturne – quindi lo stesso Atlas, posto che fosse stato già in funzione, avrebbe mancato il meteorite di Chelyabinsk, scoppiato di giorno. E inoltre, secondo una simulazione, il telescopio è in grado di rivelare solo un terzo dei frammenti che si dividono verso la Terra. “L’unico modo per aggirare il problema è usare un telescopio posto su una navicella spaziale”, dice Robert Jedicke, della University of Hawaii at Manoa.

Quanto costerebbe uno strumento del genere? Troppo, secondo molti. Almeno un miliardo di dollari. E, come dicevamo prima, non ne vale la pena: “Meteore come quella di Chelyabinsk”, sostiene Tim Spahr, direttore del Minor Planet Center di Cambridge, Massachusetts, “colpiscono il pianeta solo una o due volte ogni secolo, e la maggior parte di esse cade nell’oceano o in zone disabitate. È un rischio troppo basso per giustificare una spesa così ingente”. Dovremo, insomma, accontentarci di strumenti più economici, in grado di rivelare solo oggetti grandi e luminosi. Quelli davvero apocalittici.

Via: Wired.it

Credits immagine: NASA APPEL/Flickr

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here