Sperimentazione animale, le ragioni dei ricercatori

Divieto di xenotrapianti, divieto di allevamento, anestesia obbligatoria, divieto di uso a scopo didattico, regolamenti più restrittivi. Sono i cinque problemi degli emendamenti della direttiva europea 2010/63/EU “sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici”. Almeno secondo i ricercatori di Pro Test Italia, che hanno manifestato ieri davanti a Montecitorio per ribadire come e perché – purtroppo, come loro stessi ammettono – al momento la ricerca biomedica non può fare a meno della sperimentazione animale. Le ragioni sono tanto scientifiche quanto economiche. Rispetto a quest’ultimo aspetto, per esempio, i ricercatori hanno lamentato come il divieto degli xenotrapianti (cioè i trapianti tra specie diverse) precluderebbe loro l’accesso ai bandi europei di ricerca – e dunque ai fondi a essa destinati, mettendo a repentaglio il lavoro di centinaia di scienziati. E le speranze di migliaia di pazienti. 

Quello sulla sperimentazione animale è, naturalmente, un argomento etico-scientifico estremamente delicato, che di recente ha infiammato il dibattito presso l’opinione pubblica e tra i rappresentanti delle istituzioni. Con scontri piuttosto accesi sia sul web che nelle piazze. Culminati con il contestato assalto allo stabulario di Milano da parte degli animalisti del gruppo Fermare Green Hill, che hanno occupato i laboratori, liberato un centinaio di cavie e mescolato le targhette sulle gabbie delle altre, rendendone impossibile il riconoscimento.

“Ci sono molti motivi per cui non possiamo rinunciare alla sperimentazione animale”, spiega Daria Giovannoni, presidente di Pro Test Italia. “I principali sono due: gli esseri umani e gli animali stessi”. Giovannoni spiega come, per esempio, senza la sperimentazione animale non ci sarebbero molte speranze per la cura di malattie neurodegenerative come il Parkinson o l’Alzheimer. O come, sempre grazie a ricerche effettuate su animali, siamo riusciti a portare la mortalità infantile per leucemia dal 100% al 5%. “E dobbiamo andare avanti”, continua Giovannoni. Anche per salvaguardare la salute degli animali stessi: “Anche loro soffrono di parecchie malattie. Di cancro, come gli esseri umani. O di Aids felino, per esempio. E per curarli utilizziamo terapie sviluppate proprio grazie alla sperimentazione animale. Il nostro appello va quindi anche a chi ama gli animali e li porta dal veterinario”.

Giovannoni tiene a precisare che la comunità dei ricercatori sarebbe ben contenta di fare a meno di questo sacrificio. Anche perché, oltre alle ovvie implicazioni etiche, c’è un problema economico – sperimentare su animali costa parecchio denaro. Ma, purtroppo, evitarlo è ancora impossibile, almeno per determinati campi di ricerca. E ricorda che comunque gli scienziati sono costantemente alla ricerca di metodi alternativi: “Si devono seguire entrambe le strade. Già esiste un centro europeo per la validazione dei metodi alternativi, che ne verifica l’efficacia. Laddove si rivelano sostitutivi rispetto all’animale, vengono immediatamenti applicati ogni qual volta è possibile”. Non ci resta che augurarci, per il benessere di tutti, che si trovino presto.

Credits immagine: woodleywonderworks/Flickr

2 Commenti

  1. Per Aristarco:
    prima di definire analfabeti gli animalisti, procurati un biglietto e vattene insieme agli altri pseudoscienziati che vogliono emigrare (magari!!!).
    Giusto a titolo informativo sono un analfabeta animalista, laureato in Ingegneria chimica con 110 e lode.
    Buon Viaggio

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