Salute

Le cellule del midollo potrebbero aiutare il recupero dopo un ictus

La cuatela è d’obbligo, ma alcuni risultati appena pubblicati sulle pagine di Stem Cells mostrano che le cellule provenienti dal midollo osseo potrebbero aiutare il recupero nei pazienti che hanno subito un ictus. La scoperta arriva da un team di ricercatori della University of Texas Health Science Center di Houston e porta di nuovo d’attualità un tema di cui si parla abbastanza spesso, quello del potenziale rigenerativo delle cellule staminali, al centro dell’attenzione mediatica negli ultimi giorni all’indomani della notizia secondo cui il campione Michael Schumacher si sarebbe sottoposto a un trattamento sperimentale di questo tipo. Ma risultati deludenti in passato, numeri limitati dei pazienti coinvolti, difficoltà a tradurre in benefici clinici risultati incoraggianti nella sperimentazione animale invitano ancora, dicevamo, alla cautela sul tema staminali e ictus. E i primi ad ammetterlo sono i ricercatori da Houston che da anni si occupano del tema, raccontando cosa hanno osservato.

Staminali e cellule del midollo osseo contro l’ictus

Di cellule staminali ne esistono molte. Quelle al centro dello studio dell’équipe di Sean Savitz sono cellule provenienti dal midollo osseo, ovvero quello contenute nel tessuto spugnoso che si trova all’interno delle ossa (in particolare quelle usate dai ricercatori sono state le cosiddette bone marrow mononuclear cells, un gruppo di cellule eterogenee, comprendente tanto staminali ematopoietiche e mesenchimali che cellule differenziate, come linfociti e monociti, spiegavano gli autori nel 2016). Nel loro studio Savitz e colleghi – che da anni studiano il potenziale rigenerativo di questa popolazione cellulare – hanno somministrato cellule del midollo osseo ad alcuni pazienti che avevano avuto un ictus ischemico, nel giro di 72 ore dall’evento (25 in tutto). L’ictus ischemico è la forma più comune di ictus e si ha quando a causa di un coagulo si blocca il rifornimento di sangue ad alcune aree del cervello, danneggiandole.

Un trapianto di cellule autologhe

Le cellule infuse provenivano dai pazienti stessi, seguiti poi a distanza di mesi, fino a due anni dal trapianto, con esami clinici e radiologici per osservare la comparsa di effetti collaterali. Si trattava infatti di una sperimentazine di fase I condotta su un numero limitato di pazienti per studiare soprattutto la sicurezza del trattamento. Ma durante questo tipo di sperimentazioni possono comunque essere osservati degli effetti terapeutici. Ed è quello che potrebbe essere accaduto in questo caso.

Potenziale terapeutico o normale recupero?

A usare il condizionale infatti sono gli stessi ricercatori raccontando quello che hanno osservato dopo l’infusione di cellule del midollo. Oltre a non aver osservato la comparsa di effetti collaterali gravi nei pazienti, gli scienziati infatti hanno visto che, rispetto a quelli che avevano avuto un ictus ma trattati secondo le terapie standard, si osservavano miglioramenti di un punto in una scala utilizzata per misurare il grado di disabilità in ambito neurologico (la Rankin Scale). Miglioramenti riscontrati anche a livello di imaging, con l’osservazione, dopo alcuni mesi, dell’ispessimento di fibre nervose degenerate. “Tipicamente non osserviamo lo stesso livello di risposta con queste forme di ictus grave, ma ulteriori ricerche saranno necessarie per capire se il ristabilirsi delle fibre nervose è dovuto al trattamento cellulare o è parte di un recupero naturale”, ha infatti precisato Savitz. Il possibile meccanismo rigenerativo dovuto alle cellule del midollo osseo, continuano i ricercatori, andrebbe ricercato nel rilascio di proteine che aiuterebbero a spegnere l’infiammazione nei siti danneggiati dall’ictus.

Qualche risposta più chiara potrebbe venire dagli studi clinici randomizzati condotti con cellule derivate del midollo (quello dei ricercatori era a braccio singolo: tutti i pazienti trattati, e i dati ottenuti confrontati con quelli di un campione controllo scelto). Ma che servano più studi, su più numeri, ben disegnati sul tema più ampio di staminali e ictus ischemico era la conclusione cui erano arrivati solo pochi mesi fa anche alcuni autori italiani in una revisione della Cochrane. “La lunga attesa (per una terapia a base di staminali contro l’ictus, nda) non è ancora finita”, concludeva anche su Stem Cells Cesario V. Borlongan della University of South Florida.

Riferimenti: Stem Cells

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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  • Ho qualche dubbio, io soffro di Trombocitemia Essenziale, e questo tumore può causare ictus (io ho già avuto un mini-stroke), infarto e comunque eventi trombotici. Evviva la ricerca ma.. la strada è lunghissima, nemmeno sulla TE hanno idee chiare.

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