Spazio

Dove cadranno i detriti della stazione spaziale Tiangong-1?

(Sapienza Università di Roma) – Da ormai un anno il modulo Tiangong-1, che fa parte del progetto di stazione spaziale cinese, è stato dichiarato fuori controllo. Si tratta di un modulo orbitante di notevoli dimensioni, con una larghezza di 16 metri e una massa complessiva di oltre 8 tonnellate. Inizialmente previsto per la seconda metà del 2017, il rientro in atmosfera è ormai confermato che avverrà in questi primi mesi del 2018 e si fa sempre più fervente il lavoro della comunità scientifica per essere pronta a individuare il punto di caduta della pioggia di detriti che potrebbe derivarne.

Quanto fin qui accertato è che le parti che sopravviveranno al calore del rientro in atmosfera, impatteranno la superficie terrestre in una zona compresa fra il 43° parallelo nord e il 43° parallelo sud, un’area comprendente anche parte dell’Italia, da Firenze in giù.
“Di prassi il rientro dei satelliti dovrebbe avvenire in maniera controllata, imponendo da Terra una traiettoria che porti eventuali residui ad impattare in zone disabitate, per lo più nell’area del Pacifico” spiega Fabrizio Piergentili “ma in questo caso partiamo da condizioni differenti, perché non è possibile intervenire e modificare la rotta del modulo fuori controllo e la comunità scientifica internazionale sta lavorando per affrontare la nuova problematica”.

Anche la Sapienza Università di Roma è in prima linea in questa attività con il gruppo di studio S5 Lab coordinato da Fabrizio Piergentili e Fabio Santoni dei dipartimenti di Ingegneria meccanica e aero-spaziale e Ingegneria astronautica, elettrica ed energetica, e già da tempo la sua rete di osservatori per il monitoraggio dei detriti orbitanti studia le mosse del “Palazzo celeste” (questa la traduzione dal cinese di Tiangong). La Sapienza Scientific Observatory Network (Sson) è costituita da alcuni osservatori gestiti direttamente dall’università, dislocati sul territorio nazionale (Mito-Roma, Scudo-Collepardo, Resdos-Avezzano, Surge-Collepardo, eduscope-Roma) e in Kenya, presso il Broglio Space Center (EQUO-OG-base di Malindi, EQUO-OS-piattaforma off-shore Santa Rita), nonché da una serie di osservatori che collaborano su particolari progetti scientifici, sempre collegati all’osservazione di detriti spaziali,  tra cui Magellan (6,5 metri di diametro)  e MODEST (Michigan Orbital DEbris Survey Telescope) entrambi in Cile, Loiano vicino Bologna, l’Osservatorio astronomico di Campocatino dell’Associazione astronomica frusinate e Zimmersmart, dell’Università di Berna.

La rete degli Osservatori Sson

In questo ambito, il primo dato di notevole valore scientifico e tecnologico è stato ottenuto dall’osservatorio NPC-Sapienza che è riuscito a inseguire l’oggetto in un passaggio veloce per ben 6 minuti: è stato infatti acquisito un campione video inseguendo Tiangong-1 dall’osservatorio di Imola, utilizzando un sistema di puntamento e inseguimento di oggetti in orbita terrestre, specificamente sviluppato per questo scopo. Questo sistema si basa sulla montatura altazimutale Moral per telescopi classe 1m, realizzata dalla divisione Spacemind della New Production Concept (Npc), in collaborazione con lo spin-off della Sapienza “Roboptics”. Npc è un’azienda operante, tramite la sua divisione Spacemind, nel settore spaziale e orientata alla fornitura di sistemi nanosatellitari e strumentazioni professionali che da tempo collabora con Sapienza e in particolare con lo spin-off Roboptics nella ricerca di soluzioni tecniche e scientifiche per sviluppare prodotti innovativi.

Dal materiale ottenuto, i ricercatori sono riusciti a estrapolare le cosiddette curve di luce del modulo, estremamente utili per determinarne le variazioni di orientamento nello spazio. Quest’importante risultato, possibile grazie all’intensa sinergia tra accademia e industria, è di fondamentale importanza per il monitoraggio del rientro della stazione Tiangong-1 e la predizione della sua traiettoria.

“Questo successo incoraggia a proseguire nella sperimentazione di strumenti di osservazione innovativi, per consolidare le attività di monitoraggio e sorveglianza degli oggetti in orbita terrestre, in risposta all’ormai sempre più pressante problema degli space debris” sottolinea Fabio Santoni, “argomento sul quale il nostro gruppo di ricerca sta lavorando da anni, anche grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, affinando nuovi strumenti tecnologici e scientifici al servizio della comunità internazionale”.

Redazione Galileo

Gli interventi a cura della Redazione di Galileo.

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