Superconduttività a temperatura ambiente, ancora uno studio ritirato

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Uno degli studi più importanti sul tema della superconduttività a temperatura ambiente – da molti considerato il sacro Graal della fisica, quello che ci consentirebbe di ottimizzare la produzione e la distribuzione di energia – è stato appena ritirato da Nature, la rivista su cui era stato pubblicato nel 2020. L’editore ha motivato la scelta citando tutte le perplessità sollevate da diversi scienziati sulla legittimità dei risultati. Perplessità che, come vedremo tra poco, sono sfociate in una delle discussioni più accese e polemiche degli ultimi anni. “Per diverso tempo – ha commentato James Hamlin, fisico sperimentale esperto in materia condensata della University of Florida – ci sono state molte obiezioni su questi risultati”. Jorge Hirsch, altro esperto della University of California, San Diego, uno che certamente non le manda a dire (vedremo anche questo tra poco), ha rincarato la dose, affermando che il ritiro dell’articolo non è abbastanza dal momento che l’équipe di Randa avrebbe manipolato consapevolmente i dati: “Penso che si tratti di un problema di cattiva condotta scientifica, che non si può liquidare come semplice ‘differenza di opinioni’”.

Superconduttività, storia e contesto

Andiamo con ordine. Fino all’inizio del secolo scorso era noto che in condizioni “normali” (in questo caso rispetto alla temperatura) qualsiasi materiale in cui scorre della corrente elettrica presenta una sorta di “attrito” – la cosiddetta resistenza – al passaggio dei portatori di carica, che tra l’altro porta allo sviluppo di calore in virtù del cosiddetto effetto Joule. In altre parole, in condizioni normali il flusso di elettroni (cioè la corrente elettrica) è “ostacolato” all’interno del conduttore, e perde una certa quantità di energia. 

Le cose cambiarono nel 1911, quando il fisico olandese Heike Kamerlingh Onnes scoprì che in condizioni particolari, ossia quando la temperatura si avvicina allo zero assoluto, la resistenza di alcuni materiali si azzera improvvisamente: questi materiali si trasformano cioè in superconduttori e i portatori di carica vi scorrono senza dissipare energia per attrito.

Nell’ultimo secolo la comunità scientifica – sia i teorici che gli sperimentali – si è data molto da fare per comprendere il meccanismo della superconduttività, concentrandosi soprattutto sull’obiettivo di replicare il fenomeno a temperatura ambiente. Se si vuole davvero sfruttare il vantaggio “rivoluzionario” della superconduttività – trasportare corrente in modo molto migliore, senza dissipare energia e migliorando così di svariati fattori l’efficienza della distribuzione – bisogna cercare di replicarlo a temperatura ambiente: è infatti impossibile pensare di distribuire corrente a temperature vicine allo zero assoluto, scenario che al momento si può creare solo in un ambiente controllato di laboratorio.

Una delle ricerche più interessanti degli ultimi anni sul tema della superconduttività a temperatura ambiente porta la firma di un’équipe di scienziati dello Indian Institute of Science, che nel giugno del 2019 annunciò di aver messo a punto un nuovo nanomateriale a base di particelle di argento incapsulate in una matrice di atomi d’oro che si sarebbe trasformato in un superconduttore a temperature ben lontane dallo zero assoluto.

Una delle ricerche più interessanti degli ultimi anni sul tema della superconduttività a temperatura ambiente porta la firma di un’équipe di scienziati dello Indian Institute of Science, che nel giugno del 2019 annunciò di aver messo a punto un nuovo nanomateriale a base di particelle di argento incapsulate in una matrice di atomi d’oro che si sarebbe trasformato in un superconduttore a temperature ben lontane dallo zero assoluto.

Le polemiche

Poco tempo dopo, però, il fisico americano Brian Skimmer annunciò di aver individuato, nei dati dei ricercatori indiani, un pattern ricorrente e sospetto di rumore presente sia nei campioni analizzati che in quelli usati come controllo, il che potrebbe indicare un errore nell’interpretazione dei risultati o, addirittura, una manipolazione in malafede dei dati.

Arriviamo così al presente: nel 2020 su Science viene pubblicato un editoriale dal titolo inequivocabile: “Finalmente ottenuta la superconduttività a temperatura ambiente: vi si commenta un esperimento di un’altra équipe di scienziati (i cui dettagli sono stati pubblicati su Nature), coordinata da Ranga Dias, fisico alla University of Rochester, che afferma di essere riuscita a sintetizzare un materiale composto da un mix di idrogenocarbonio e zolfo in grado di mostrare caratteristiche di superconduttività a temperatura ambiente, a patto di essere però sottoposto a pressioni elevatissime, pari a circa 2 milioni e mezzo quella atmosferica. Dal punto di vista pratico, è come se la difficoltà si fosse spostata dal raggiungere lo zero assoluto (all’incirca) a raggiungere pressioni molto alte.

Come raccontavamo in apertura, anche il lavoro di Dias è stato oggetto di forti contestazioni: Hirsch ha chiesto a più riprese – ottenendo rifiuti molto piccati – di controllare i dati dell’esperimento, arrivando alla conclusione che i risultati sono “probabilmente fraudolenti”. L’escalation della discussione ha portato alla sospensione per sei mesi dell’account di Hirsch da ArXiv, il portale su cui vengono caricati articoli scientifici prima della loro effettiva pubblicazione su rivista e che dovrebbe servire, per l’appunto, a una proficua e pacifica discussione tra gli esperti. 

Cosa è successo oggi

In seguito a tutte queste polemiche, il board di Nature ha deciso di ritirare l’articolo dell’équipe di Dias. Che, naturalmente, non ci sta: “Il nostro lavoro – ha commentato – è stato verificato sperimentalmente e teoricamente”. “Il ritiro dell’articolo – gli fa eco Ashkan Salamat, fisico dell’University of Nevada, Las Vegas e co-autore del lavoro – non è dovuto a perplessità sulla diminuzione della resistenza elettrica, la parte davvero fondamentale di qualsiasi lavoro sulla superconduttività. Siamo confusi e delusi dal processo decisionale della redazione di Nature”.

Il punto è che per dimostrare l’esistenza di un fenomeno così delicato e complesso, dicono gli esperti favorevoli al ritiro dell’articolo, non basta provare un calo della resistenza elettrica: bisognerebbe mostrare anche un altro attributo cruciale dei superconduttori, ossia la capacità di “espellere” un campo magnetico esterno dopo la transizione alla superconduttività. Dal momento che per ragioni tecniche non sempre è possibile quantificare questa capacità, gli sperimentali la valutano misurando una grandezza correlata, la cosiddetta suscettibilità magnetica – cosa tutt’altro che semplice: “È come cercare di vedere una stella – ha spiegato Hamlin – sotto la luce del Sole”.

Sono proprio i dati relativi alla suscettibilità magnetica che hanno portato al ritiro dello studio di Dias: gli autori, infatti, hanno affermato che nel loro esperimento sono emersi dei segnali relativi a un aumento della suscettibilità magnetica, ma in un primo momento non hanno voluto mostrare i dati alla base dell’affermazione. Nel 2021, dopo le prime polemiche, lo hanno fatto, ma senza convincere i detrattori. Anzi, peggiorando la situazione: “La pubblicazione dei dati grezzi – ha commentato Brad Ramshaw, fisico della Cornell University – ha sollevato più domande rispetto a quelle a cui ha risposto. Il processo con cui dai dati grezzi si è arrivato a quelli effettivamente pubblicati è incredibilmente opaco”.

C’è di più: Hirsch sostiene che alcuni dei dati di Dias e Salamat sono del tutto incompatibili con quelli che si otterrebbero in un esperimento reale, spiegando di essere convinto che siano stati “costruiti ad arte” e che siano “sospettosamente simili” a quelli contenuti in un altro articolo pubblicato nel 2009 e, guarda caso, ritirato lo scorso anno a causa di dati inaccurati sulla suscettibilità magnetica. Dias, ancora una volta, non è d’accordo: sostiene di aver intenzione di inviare di nuovo l’articolo (con qualche modifica) a Nature e accusa Hirsch di non essere un esperto nel campo della fisica delle alte pressioni: “Alcune delle sue azioni si sono trasformate in attacchi personali – spiega – e non vogliamo avere colleghi che ci gettano il fango da lontano. Invitiamo i nostri colleghi a cessare e desistere dalla polemica”. A noi profani non resta che continuare a osservare. E aspettare.

Credits immagine: Bamdad Norouzian/Unsplash
Via: Wired.it