Categorie: Salute

Talidomide,ritorno al futuro

Alla fine degli anni Sessanta, soprattutto in Germania, migliaia di donne nei primi tre mesi di gravidanza cercarono sollievo nelle gocce di questo sedativo. Ed ebbero la sventura di metter al mondo figli senza braccia o gambe, con le mani attaccate alle ascelle. Stando alle ricerche degli ultimi anni, per ironia del destino, gli stessi giovani potrebbero finire col ricordare il talidomide come un caso emblematico di farmaco multiuso per situazione disperate. Delle sue possibilità terapeutiche ha discusso di recente negli Usa un “advisory committee” della Food and Drug Administration, il severo ente di controllo sui farmaci. Il lato curioso della vicenda è che almeno in qualche caso, l’utilità potenziale del farmaco è solo una coniugazione diversa della sua tossicità nei primi tre mesi di vita di un embrione.Secondo ricerche recenti, infatti, il talidomide sembra ridurre la produzione di una sostanza, il fattore di necrosi tumorale, che controlla le difese immunitarie dell’organismo, ma che se viene sfornato in quantità eccessive o per troppo tempo determina shock e deperimento. Così, stando ad alcuni risultati promettenti, il farmaco sarebbe utile in malattie dove il sistema immunitario della persona colpisce i bersagli sbagliati, come avviene per esempio nella sclerosi multlipa, nella malattia di Crohn, nella psoriasi, nel lupus e anche in caso di Aids. Da anni, inoltre, il talidomide viene usato con un certo successo contro la lebbra. E qualche studioso ha proposto d’impiegarlo anche contro il cancro, proprio a causa di quelle sue caratterisiche che ne facevano un fabbricante di piccoli invalidi. Sembra infatti che un altro effetto del talidomide sia quello di ostacolare la costruzione di nuovi vasi sanguigni. Questo lo rende pericoloso nell’embrione quando si stanno formando le ossa degli arti, piene di vasi, ma potrebbe renderlo utile contro un tumore, che può crescere solo se viene assistito da una proliferazione adeguata di vasi sanguigni capaci di nutrirlo.Nel dibattito se questo impiego del talidomide sia un ritorno al futuro, o più semplicemente al passato, un aspetto sconcertante è che spesso si parla di fattore di necrosi tumorale a sproposito. Molti temono che non si riesca a fornire alla popolazione un’informazione adeguata sull’impiego corretto del farmaco. Non si tratterebbe di paure infondate. Recentemente, alcune donne brasiliane hanno partorito bambini malformati per aver preso il talidomide contro la lebbra nei primi tre mesi di gravidanza. E la stessa sgradita sorpresa l’hanno avuta le donne statunitensi trattate con l’accutane, un farmaco antiacne di cui è noto (e segnalato sul foglietto del farmaco) l’effetto teratogeno. Chi può garantire che oggi il talidomide verrebbe usato con le dovute precauzioni?

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