Categorie: Ambiente

Quella diga confonde le acque

Nell’intervista a Patrick McCully pubblicata da Galileo, il direttore dell’International Rivers Network (e autore di Silenced Rivers, il più completo libro sulle dighe mai apparso) lamentava la sostanziale mancanza di valutazioni attendibili sulle conseguenze ambientali delle quasi 40.000 dighe costruite in giro per il mondo. Nel numero di Nature pubblicato il 27 marzo appare uno studio molto interessante a proposito degli effetti dello sbarramento del Fiume Danubio sull’ecosistema marino. Nei primi anni Settanta, infatti, il Danubio, che contribuisce per circa il 70 per cento agli afflussi fluviali al Mar Nero, è stato chiuso – circa mille chilometri a monte del confine tra Jugoslavia e Romania – da una diga (“Iron Gates”), con significativi cambiamenti nella composizione del flusso idrico.La ricerca – realizzata dal professore Venugopalan Ittekkot dell’Università di Amburgo e da altri colleghi tedeschi e rumeni – presenta una lunga serie di dati sulla confluenza a mare di acqua e nutrienti. Questi dati rivelano una riduzione della presenza di silicati dissolti di circa due terzi rispetto a prima della costruzione della diga, che è del periodo 1970-72. Una concomitante diminuzione delle concentrazioni invernali di silicati di circa il 60 per cento è stata osservata nella acque di superficie del Mar Nero centrale. I conseguenti cambiamenti nei nutrienti disciolti nelle acque marine (meno silicio, più azoto) sembrano essere più vasti di quelli causati dalla sola eutrofizzazione, e appaiono responsabili di una radicale trasformazione nella composizione di specie del fitoplancton dalle diatomee (silicee) alle coccolitofore e flagellate (non silicee). Si spiega così l’ampio spazio per la fioritura di altri organismi, incluse alcune specie di alghe tossiche.Simili effetti delle dighe sulla presenza di silicati nei fiumi sono concepibili anche per il Dnepr e il Dnestr, che contribuiscono per il 20 per cento agli afflussi fluviali del Mar Nero. Secondo i ricercatori, i risultati dello studio suggeriscono fortemente che lo sbarramento del Danubio è stato “strumento” dei cambiamenti osservati nelle acque marine, e che più in generale la costruzione di opere fluviali può similmente influenzare la catena alimentare e il ciclo biogeochimico delle aree costiere: “Oggi più di 36.000 dighe sono in attività nel mondo e altre sono in costruzione a un certo ritmo. Sebbene gli effetti osservati di questi sbarramenti sono probabilmente più severi nei mari chiusi (come il Mar Nero) che nei fiumi che alimentano sistemi aperti, queste conclusioni possono essere generalizzate”.

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