Uccisa l’orsa Amarena: serve lavorare per una coesistenza più sostenibile

(crediti: Marco Tersigni via Wikimedia Commons)

Anno nero per gli orsi, anche in Abruzzo. L’orsa marsicana Amarena non c’è più, uccisa a colpi di fucile. Sono in corso indagini per chiarire la dinamica e le responsabilità, ma i responsabili del Parco e della Regione sono sgomenti: l’orsa, benché “confidente”, non aveva mai dato segni di aggressività nei confronti dell’essere umano e i danni da lei provocati erano sempre stati risarciti.

Cosa è successo all’orsa Amarena

Per quanto è noto al momento, nella serata di giovedì (31 agosto) un uomo ha sparato all’orsa Amarena (codice di identificazione ufficiale F17) in una zona periferica di San Benedetto dei Marsi, un comune in provincia dell’Aquila e al di fuori dei confini del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Come constatato dai responsabili del Parco, l’animale è deceduto, mentre l’uomo è stato identificato dalle autorità e sono in corso indagini per chiarire la dinamica e le responsabilità. Un’ipotesi plausibile è che l’orsa si sia introdotta in una proprietà e per questo sia finita nel mirino dell’uomo.

L’animale, hanno precisato i responsabili del Parco, non si era mai dimostrato aggressivo nei confronti dell’essere umano, benché le sue abitudini fossero “problematiche”: negli anni era diventata sempre più a suo agio nei i centri abitati, che sfruttava sia per trovare cibo più facilmente (era solita, per esempio, fare incetta di frutti, da cui il nome Amarena) sia come protezione per i suoi cuccioli, per tenerli più lontani dagli orsi maschi che abitano il Parco, che avrebbero potuto ucciderli per far tornare la femmina disponibile all’accoppiamento.

L’orso marsicano

Amarena faceva parte della popolazione di orsi marsicani che vivono nel Parco d’Abruzzo. Gli orsi marsicani sono una sottospecie di orso bruno unica al mondo, “differenziata geneticamente dagli orsi delle Alpi”  – si legge sul sito del Parco – , esclusiva del Centro Italia. La popolazione, attualmente, conta circa una sessantina di esemplari, ciascuno prezioso per la sopravvivenza di questa sottospecie a rischio di estinzione.

Gli orsi marsicani possono vivere fino a 40 anni e un maschio adulto raggiunge un peso tra i 140 e 210 kg, con una lunghezza massima di 150-180 cm. Le femmine sono più piccole. Sono animali onnivori, quindi si nutrono di un po’ di tutto, da bacche e frutta fino a insetti e piccoli animali, anche a seconda della stagione. In inverno, però, smettono di nutrirsi e passano il tempo per lo più in un riparo asciutto in una sorta di letargo: è così che resistono alle basse temperature e alla scarsità di cibo, sfruttando il grasso accumulato durante il resto dell’anno come isolante termico e come riserva energetica.

Gli orsi marsicani si accoppiano in primavera inoltrata e la femmina dà alla luce in genere da 1 a 3 cuccioli verso febbraio (Amarena però nel 2020 ne aveva messi al mondo ben 4, di cui uno era Juan Carrito). I piccoli rimangono con le madri più di un anno.

I rapporti con l’essere umano

Mentre l’attuale presenza dell’orso bruno in Trentino è frutto di un progetto di reintroduzionel’orso marsicano abita da sempre l’Appennino centrale e la convivenza con l’essere umano è stata descritta finora (anche da studi scientifici) come serena, positiva, un esempio per altri territori. Gli abitanti delle aree limitrofe al Parco sono informati sugli atteggiamenti corretti per convivere con l’orso. Gli animali selvatici non vanno avvicinati e non vanno nutriti per la sicurezza di tutti e se si verifica per caso un incontro ravvicinato il consiglio è quello di allontanarsi con cautela e di non rendersi minacciosi. Se gli orsi si avvicinano a un centro abitato o a una proprietà (quale un pollaio o un orto) la regola è avvisare le Guardie del Parco o i Carabinieri Forestali per istruzioni. In caso di danni le autorità procedono ai sopralluoghi, dispongono di ripulire la zona da resti di cibo per non invitare l’orso a tornare e degli eventuali risarcimenti.

La coabitazione tra esseri umani e orsi, comunque, è sempre oggetto di studio. Tant’è che di recente un team di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Istituto spagnolo di studi sociali avanzati e con il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, ha pubblicato sulla rivista Journal for Nature Conservation una ricerca che analizza gli elementi per una coesistenza funzionale e sostenibile per le nostre due specie. L’obiettivo del lavoro, come spiegato sul sito del Parco da una degli autori Daniela D’Amico, era capire come migliorare le condizioni di coesistenza tra essere umano e orso “alla luce dei cambiamenti sociali ed economici in atto e tenendo conto dei diversi punti di vista delle persone che condividono quotidianamente il territorio con l’orso”. Ne era emersa la necessità di coinvolgere ulteriormente la popolazione nella conservazione della specie a rischio, attraverso nuove forme di collaborazione, pianificazione e condivisione gestionale, per promuovere un senso di responsabilità collettiva tra istituzioni e comunità locali che renderebbe moralmente inaccettabili quei comportamenti individuali (uso del veleno, pratiche zootecniche non idonee, alta velocità sulle strade, etc) che mettono a rischio una specie di così alto valore come l’orso marsicano.

Via Wired.it

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