Uccise da un velo

La situazione è peggiore di quanto si possa immaginare. Questo è il commento unanime degli osservatori delle Nazioni Unite sulle condizioni di salute delle donne afgane nei campi profughi ai confini con il Pakistan. Ogni giorno, nonostante la chiusura delle frontiere, circa 1.500 afgani riescono a scappare dai territori di guerra e le Nazioni Unite avvisano che la possibilità di curarli efficacemente diminuisce sempre di più. Le donne rappresentano circa il 65 per cento dei rifugiati e molte di queste sono in pessime condizioni di salute. Oltre all’estrema indigenza, il regime talebano vieta loro il diritto a ricevere cure sanitarie adeguate. Quelle più vulnerabili poi, secondo gli osservatori, sono le donne incinte. I dati raccolti dalle Nazioni Unite parlano chiaro: le condizioni igienico-sanitarie delle afgane sono così precarie che circa 17 donne ogni 1000 bambini nati vivi muoiono, anche perché il 99 per cento dei parti avviene senza l’assistenza di un medico. Ma non solo: l’aspettativa di vita media per una donna non supera i 44 anni. Le responsabilità dei Talebani sono gravissime: questi infatti impediscono ai medici di curare le donne picchiandole e cacciandole dagli ospedali. Oggi l’assistenza sanitaria nei campi profughi tampona le emergenze ma gli operatori delle Nazioni Unite avvertono che se si riuscirà a dare a Kabul un governo stabile i diritti delle donne afgane saranno una delle priorità da affrontare. Galileo dedica alla condizione delle afgane sotto il regime dei Talebani una sezione dello special. (a. s.)

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