Categorie: Società

Un business sui bambini

Adottare un bambino cileno può costare fino a 12 mila euro. 14 mila, invece, è la spesa necessaria per adottare un bambino dell’Honduras. Cifre altissime che le aspiranti famiglie devono affrontare, senza però alcuna garanzia effettiva di ottenere il bambino. Su 15 mila coppie italiane che dal novembre 2000 al giugno 2003 sono risultate idonee all’adozione dal tribunale dei minori, meno di 5 mila sono riuscite a concludere la pratica con successo. In media, quindi, solo una coppia su tre. E le altre? Hanno comunque pagato per portare avanti l’iter previsto dalla legge ma non hanno mai visto il bambino, a volte neanche quando sono arrivate nel paese straniero. Un business, denunciato dalle famiglie, che ha messo in fibrillazione il mondo politico. Due interrogazioni parlamentari, presentate al Ministero per le pari opportunità da Marco Zacchera di An e da Dorina Bianchi dell’Udc e sottoscritte da circa 70 parlamentari (sia della maggioranza che dell’opposizione), hanno sollevato la questione e richiesto l’intervento immediato del governo sul sistema che regola le adozioni internazionali. “Le famiglie pagano cifre altissime ma non sanno che i tempi di attesa si allungano sempre più. Dalla presentazione della disponibilità all’adozione all’ingresso del bimbo in famiglia passano tra i 30 e i 40 mesi minimo”, sostiene Alessandro Maria Fucili, direttore del Centro italiano di Solidarietà (Ceis), una onlus di Ancona che ospita bambini in affido. “Ora sono in attesa più di 20 mila famiglie, tra quelle già idonee all’adozione e quelle che ne hanno fatto richiesta”. Inoltre, in Italia, a fronte di circa duemila bambini dichiarati adottabili ogni anno, le famiglie che concludono positivamente la pratica di idoneità sono tra le ottomila e le novemila. Cresce quindi il numero delle coppie disponibili, mentre quello dei bambini rimane lo stesso. Questi dati però non trovano d’accordo Stefania Prestigiacomo, ministro per le Pari opportunità: “nel 2003 sono stati emessi 5407 decreti di idoneità all’adozione, e i bambini adottabili sono stati 2759, con una crescita del 25 per cento rispetto all’anno precedente”, ha risposto il ministro all’interpellanza della parlamentare Bianchi. “Manca un monitoraggio completo delle coppie e dei bambini adottabili e sono tante le famiglie che lamentano delle situazioni al limite della legalità”, continua però Fucili. Una volta ottenuta l’idoneità all’adozione, infatti, le famiglie devono iscriversi, in base alla legge 476 del 1998, a uno degli enti autorizzati che fanno capo alla Commissione adozioni internazionali e che hanno il compito di accompagnare i genitori adottivi nel percorso e svolgere le procedure necessarie all’estero. Il tutto pagando non solo il prezzo dell’iscrizione ma anche tutti i vari servizi offerti dall’ente. Diventa però sempre più difficile per le coppie capire quali, tra gli enti, siano più affidabili e quali invece operino a scopo di lucro. Il costo dell’iscrizione varia a seconda dell’ente (si va da 100-200 euro ai 1500), così come il costo dei corsi di formazione. A ciò si aggiungono le spese, spesso anticipate, per contattare l’interlocutore straniero, in genere studi legali o semplici avvocati. “Secondo i racconti delle famiglie, a volte questi enti possono anche fungere da facciata a organizzazioni malavitose o mafiose che chiedono alle coppie del denaro extra”, spiega Fucili. “E spesso, nonostante le spese affrontate, i soggiorni all’estero si concludono con la constatazione che i bambini in oggetto non sono adottabili o che non esistono affatto”. Anche Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini (AiBi) scrive sul sito dell’associazione che “in tre anni, da quando esiste la Commissione per le adozioni internazionali, non è stato effettuato alcun controllo sugli enti, ormai quasi 70 in Italia”. L’attività di vigilanza sugli enti per il 2004 sarà più sistematica, promette il ministro, e permetterà di individuare eventuali lacune o irregolarità. Il Ministero, inoltre, lancerà una campagna “Adozioni pulite”, con un numero verde, presso la Presidenza del Consiglio, al quale le famiglie potranno rivolgersi per segnalare le eventuali disfunzioni del sistema. E soprattutto sarà messa a punto una banca dati per il monitoraggio di tutte le informazioni sui minori dichiarati adottabili e sui coniugi aspiranti all’adozione. Ma tra le cifre al rialzo del business delle adozioni, c’è chi mette in luce un altro dato importante. “Bisogna riportare l’attenzione sui bambini e sui loro bisogni”, spiega Graziella Teti, responsabile adozioni internazionali del Centro italiano aiuti all’infanzia (Ciai). “L’adozione internazionale ha lo scopo di rispondere ai bisogni dei bambini in difficoltà, che sono tanti ma che non trovano famiglia. Le coppie, infatti, vogliono bambini sani e in età prescolare, per questo i tempi dell’adozione si allungano drasticamente”.

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

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