Categorie: Vita

Un fischio, un ideogramma

Ogni suono può essere trasformato in un disegno, e quelli emessi dai delfini sono molto più complessi di quanto finora sospettato. Tanto che potrebbero rappresentare dei veri e propri ideogrammi che gli individui utilizzano per comunicare, come fossero parole.

L’ultima affermazione è ancora tutta da provare, ma le immagini dei fischi dei delfini ottenute dall’ingegnere acustico inglese John Stuart Reid e dal biologo Jack Kassewitz dello SpeakDolphin Project (Florida) portano a riconsiderare le teorie sulla bioacustica di questi mammiferi marini.

Il nuovo strumento che permette di visualizzare i suoni, rivelandone i minimi dettagli della struttura, si chiama CymaScope. L’immagine ottenuta è quella dell’impronta che il suono “lascia” sull’acqua mentre la attraversa (come farebbe una formina tridimensionale, di quelle che i bambini usano per il pongo), e prende il nome di “CymaGlyph”. I ricercatori hanno visto, infatti, che questi suoni non viaggiano nell’acqua come onde, ma come bolle tridimensionali e che ogni fischio corrisponde a un CymaGlyph, cioè a uno schema che i delfini sono in grado di ripetere con precisione.

I suoni emessi dai delfini ricadono in tre categorie: il fischio-firma (sempre uguale a se stesso, che negli animali in cattività rappresenta oltre l’80 per cento di tutte le vocalizzazioni, con cui si pensa che gli individui si identifichino), gli “squittii” (che potrebbero rappresentare una forma complessa di comunicazione) e i click, suoni a impulsi utilizzati per eco-localizzare gli oggetti. “I CymaGlyphs dei fischi-firma appaiono come bande concentriche che ricordano le immagini dei radar”, spiega Reid, “gli squittii ricordano spesso la forma dei  fiori, mentre i click hanno una struttura più complessa: una serie di bande concentriche, strettamente impacchettate, con una figura al centro”.

Fino ad ora i suoni dei cetacei sono stati studiati attraverso gli spettrogrammi, grafici che ne mostrano il variare della frequenza e dell’ampiezza. La nuova tecnica, invece, cattura le vibrazioni che il suono trasferisce all’acqua.

Al momento i ricercatori non sono in grado di dire se i delfini siano o meno capaci di percepire i CymaGlyphs. Ma, speculano i biologi, i cetacei potrebbero aver sviluppato la capacità di comunicare le informazioni in questo modo a partire dal sistema di ecolocalizzazone, che permette loro di “vedere” gli oggetti indirizzando il suono e interpretando l’eco di ritorno.

Intanto fischi, squittii e serie di click potranno essere convertiti in disegni e studiati come se fossero ideogrammi. “Registrando i delfini quando ecolocalizzano su diversi oggetti, o quando comunicano con altri esemplari, possiamo creare un archivio dei suoni, e verificare se un particolare CymaGlyphs viene usato in modo univoco per uno stesso oggetto”, conclude Kassewitz. (t.m.)

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