Categorie: Tecnologia

Un guanto per “sentire” gli oggetti sepolti sott’acqua

“Sentire”, come se li si stesse toccando, oggetti irraggiungibili che si trovano sott’acqua. È appena diventato possibile grazie a uno speciale guanto sviluppato da due dottorandi dello Empowerment Informatics Program alla Tsukuba University, in Giappone, Aisen Carolina Chacin e Takeshi Ozu. Il dispositivo, equipaggiato con sensori per l’ecolocalizzazione, simula, per l’appunto, il contatto con oggetti sepolti sott’acqua e altrimenti irraggiungibili e, secondo gli inventori, potrebbe essere particolarmente utile in situazioni di scarsa visibilità, per esempio in strade o edifici allagati.

Il guanto è ispirato ai sistemi di ecolocalizzazione dei delfini – non per niente il suo nome è IrukaTact, e “iruka” in giapponese vuol dire “delfino” – e fornisce un feedback tattile a chi lo indossa facendo scorrere l’acqua sotto le dita. In particolare, quando la mano di chi indossa il guanto si avvicina a un oggetto sott’acqua, il flusso d’acqua sotto le dita diventa sempre più forte. “Il nostro obiettivo”, spiega Chacin, “è di aumentare le sensazioni tattili. Cioè capire come trasmettere, per esempio, la ruvidezza di un oggetto o la sua temperatura, senza toccarlo”.

Il dispositivo è equipaggiato con un sonar, tre piccoli motori e una scheda Arduino, programmata per inviare segnali alle coperture in silicone per le tre dita centrali. I motori servono per generare il flusso d’acqua che veicola le sensazioni tattili. Mignolo e pollice sono “liberi” per migliorare l’agilità dei movimenti e preservare la batteria; il sensore, al momento, permette di individuare oggetti fino a 60 centimetri di distanza, ma Cachin è convinta che in futuro sarà possibile aumentare la portata del guanto. I più curiosi (e smanettoni) possono provare addirittura a costruirselo da soli: serve solo una stampante 3D. Qui tutte le istruzioni.

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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