Una sostanza che stimola le difese immunitarie e aiuta l’organismo a combattere le infezioni, soprattutto quelle provocate da batteri resistenti agli antibiotici, come l’Enterococcus e lo Staphylococcus aureus, responsabili di decine di migliaia di morti soltanto negli Stati Uniti. È quella messa a punto dai ricercatori canadesi della University of British Columbia insieme a uno spin off dello stesso ateneo, la Inimex Pharmaceuticals. Si tratta di un peptide – cioè una molecola costituita da una catena di pochi amminoacidi – che i ricercatori hanno chiamato IDR-1, ovvero Innate Defense Regulator, per le sue capacità di regolare le difese immunitarie naturali.
Per verificare l’azione del peptide, i ricercatori guidati dall’immunologo Robert Hancock hanno infettato alcuni topi con ceppi di Enterococco resistente alla vancomicina, con Stafilococco resistente alla meticillina e Salmonella. Uno o due giorni prima dell’infezione, o quattro ore dopo, hanno somministrato ai topi anche l’IDR-1. Gli animali trattati con il peptide hanno mostrato una capacità di sopravvivere all’infezione due volte superiore a quella dei topi non trattati, scrivono i ricercatori nello studio pubblicato il 25 marzo su Nature Biotechnology. I dati mostrano che il peptide attiva la produzione di chemochine, mediatori chimici che regolano il traffico dei globuli bianchi, guidando la risposta immunitaria dell’organismo. Per di più, aggiungono i i ricercatori, il peptide non ha prodotto la reazione infiammatoria che spesso si verifica quando si stimola il sistema immunitario.
Il peptide potrebbe essere somministrato insieme agli antibiotici nella terapia di alcune comuni infezioni ospedaliere, come quelle che si possono verificare nel decorso post operatorio, con la chemioterapia, con l’inserimento di cateteri o di altri dispositivi medici. I primi studi clinici per testare la sicurezza dell’IDR-1, conclude Hancock, potrebbero cominciare tra 12-15 mesi. (e.m.)
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