Categorie: Vita

Un super-topo più forte dello scorpione

Metti uno scorpione velenosissimo – in grado di abbattere un bambino con una puntura – contro un topolino marrone piccolo e indifeso. Sembrerebbe non ci sia storia. E invece i pronostici vanno rivisti. Perché questo Davide del regno animale – nome scientifico Onychomys torridus, noto anche come topo delle cavallette – non solo dà del filo da torcere al suo Golia, ma riesce addirittura a sbaragliarlo. Perché, come hanno scoperto i ricercatori della Michigan State University, il topolino ha la straordinaria abilità di non provare dolore quando è punto dallo scorpione. Non è roba da poco, dato che gli esseri umani che hanno subito un attacco simile lo hanno descritto come estremamente doloroso, “più o meno la sensazione di essere marchiati a fuoco”. Secondo gli autori della scoperta, che è stata pubblicata su Science, l’abilità del roditore sarebbe dovuta alla struttura delle sue cellule nervose, la cui membrana è ricoperta da una proteina “modificata” in grado di rallentare il segnale doloroso che arriva al cervello.

Tra l’altro, racconta Ashlee Rowe, neurobiologo alla Michigan State University e coordinatore della ricerca, la resistenza al dolore non è che uno dei superpoteri del topo. Originario del deserto del Messico settentrionale e degli Stati Uniti sud-occidentali, l’animale è un predatore aggressivo che si ciba di ragni, grilli e persino suoi simili: “In realtà”, dice Rowe, “è un carnivoro che mangia qualsiasi essere piccolo che si muove”. Mangia anche la corazza dello scorpione dell’Arizona, proprio “come se fosse una bistecca con l’osso”, ignorando le punture multiple dell’animale.

Per capire il meccanismo, Rowe e colleghi hanno iniettato il veleno nell’Onychomys e nei suoi cugini, i comuni topolini domestici. Questi ultimi si leccavano le zampe – il che indica l’insorgenza di sensazioni dolorose – per una media di tre minuti e mezzo, mentre il topo delle cavallette lo faceva per soli nove secondi, suggerendo che l’animale provava un dolore iniziale che non durava a lungo. Inoltre, i ricercatori hanno iniettato in entrambe le cavie una sostanza chimica che provoca dolore: di nuovo, il topo domestico ha mostrato sintomi di dolore più prolungato rispetto all’altro, il che implica che qualsiasi cosa lo protegga dal veleno funziona anche con altre sostanze.

L’ipotesi è che la struttura delle cellule nervose dell’Onychomys sia tale da rallentare o bloccare i segnali dolorosi che arrivano il cervello. Ma c’è qualche scettico: Allain Basbaum, della University of California, San Francisco, ha definito i risultati “provocatori”, chiedendosi però se l’équipe di Rowe abbia indagato tutte le possibili spiegazioni del fenomeno. Secondo Basbaum, infatti, la tossina potrebbe attaccare anche altre parti del corpo – un’ipotesi su cui Rowe parzialmente concorda, anche se si dice sicura che l’interazione nervi-tossina identificata dal suo gruppo di ricerca giochi un ruolo fondamentale nel silenziamento dei segnali di dolore.

La scoperta potrà essere di grande aiuto per lo sviluppo di antidolorifici con effetti collaterali limitati, sostengono gli autori. Che, nel frattempo, sono diventati grandi ammiratori del topo delle cavallette: “Sopravvive nel deserto. È in grado di fare cose che noi non riusciamo a fare”, afferma Rowe. “Ho un grande rispetto per questo animale”. 

Riferimenti: Science doi:10.1126/science.1236451

Credits immagine: wild-facts.com

Via: Wired.it

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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