Dopo un intervento chirurgico, ci si chiede sempre quanto tempo impiegheremo a recuperare le nostre facoltà fisiche. Oggi la risposta è spesso incerta, perché dipende da moltissime variabili, ma grazie a un recente studio la situazione potrebbe presto cambiare. Un gruppo di ricerca dell’Università di Stanford ha infatti individuato un nuovo test diagnostico che esamina la risposta immunologica del paziente nel periodo di degenza ospedaliera, e che potrebbe aiutare a quantificare il tempo di ripresa necessario a seguito di un’operazione chirurgica.
Analizzando campioni di sangue di 32 pazienti sottoposti a un intervento di artroprotesi d’anca, il gruppo di ricerca statunitense, guidato da Brice Gaudillière, è riuscito a misurare le risposte immunitarie a livello delle singole cellule attraverso una procedura chiamata citometria di massa. Questa tecnica ha il vantaggio di caratterizzarein modo completo la risposta immunitaria in seguito a un trauma chirurgico, e avendo lavorato ad un livello di dettaglio così alto, Brice Gaudillière e colleghi hanno potuto rilevare segnali immunitari precedentemente passati inosservati.
Dallo studio è emerso quindi che il periodo di degenza ospedaliera è profondamente legato a scambi molecolari che avvengono in uno specifico gruppo di globuli bianchi. È stata così identificata una “firma immunitaria”, un gruppo di marker che possono essere misurati nel campione di sangue del paziente entro 24 ore dopo l’intervento, per prevedere quanto veloce sarà la sua guarigione: quando l’attività del gruppo di cellule è infatti elevata nelle prime 24 ore dopo l’intervento, i pazienti recuperano lentamente, quando invece l’attività cellulare è bassa o diminuisce durante le prime 24 ore, i pazienti recuperano più velocemente. “Questi risultati sentinella dimostrano la capacità della citometria di massa di riuscire a esaminare il sistema immunitario umano in un contesto clinico rilevante”, hanno affermato gli autori dello studio. “La comprensione dei meccanismi che guidano il recupero dopo l’intervento chirurgico potrà portare a strategie terapeutiche e permettere la creazione di protocolli di recupero specifici per il singolo paziente”.
Riferimenti: Science Translational Medicine DOI: 10.1126/scitranslmed.3009701
Credits immagine: Neeta Lind/Flickr CC
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