Tra pochi anni basterà l’”impronta” genetica di una porzione di Dna tumorale di una donna malata di cancro al seno per ottenere un suo profilo individuale e, attraverso questo, scoprire e prevedere quali farmaci potranno contrastare meglio il tumore. Lo ha annunciato Kent Osborne, biologo cellulare al Baylor College di Houston, nel suo intervento alla Seconda Conferenza europea sul cancro al seno in corso in questi giorni a Bruxelles. “Per esempio”, afferma Osborne, “già sappiamo che circa la metà dei tumori al seno migliora con terapie ormonali anti-estrogeni, come il tamoxifene”. A segnalare questa risposta è la presenza nelle cellule tumorali dei recettori per gli estrogeni. Se fosse quindi possibile scattare una foto più dettagliata del patrimonio genetico delle cellule tumorali, individuando così gli stimoli a cui reagiscono i recettori, si potrebbe calibrare la cura sul paziente e verificarne meglio l’efficacia. In ogni cellula però ci possono essere anche 100.000 geni e trovare quelli predittivi non è certo un’impresa facile: per Osborne, “saremmo fortunati se ce ne fossero solo 10 o 15”. (m.ba.)
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