Una nuova via di trasmissione uomo-donna dell’Hiv. Una strada veloce che permette al virus di attraversare le cellule epiteliali sane dell’apparato genitale femminile e di raggiungere le cellule immunitarie in appena quattro ore. Una scoperta, a firma di un gruppo di ricercatori della Feinberg School of Medicine della Nortwestern University, che confuta l’idea finora ritenuta valida che il tessuto vaginale sano potesse fare da barriera all’infezione. “Il meccanismo di trasmissione dell’Hiv per via sessuale non era stato ancora compreso nei dettagli”, ha commentato Thomas Hope, a capo dello studio presentato oggi durante il meeting annuale dell’American Society for Cell Biology a San Francisco. “È un risultato inaspettato e molto importante”.
I ricercatori hanno osservato l’attacco del virus – reso fluorescente da marcatori attivati con la luce – a campioni di tessuto femminile ottenuti da isterectomie: nel giro di quattro ore, l’Hiv si insinua velocemente nell’epitelio squamoso, fino a una profondità di 50 micron, pari allo spessore di un capello; dove trova alcune delle cellule immunitarie che sono suo bersaglio.
Quanto osservato da Hope e colleghi smentisce anche l’idea che la trasmissione per via sessuale sfruttasse l’epitelio che riveste il canale della cervice o eventuali lesioni della pelle, causate per esempio da un herpes virus. Tesi peraltro entrambe smentite da precedenti studi: né l’uso del diaframma né quello di farmaci per ridurre le lesioni vaginali hanno fatto diminuire il tasso di trasmissione del virus. Alla luce dei nuovi risultati, quindi, l’Hiv può entrare nel tessuto vaginale e dare inizio all’infezione anche in assenza di lesioni.
Il prossimo passo sarà provare che il virus infetta le cellule immunitarie nel tratto vaginale, proprio dove le incontra per la prima volta. “Un risultato chiave che dovremmo acquisire è quello di capire qual è la prima cellula che il virus infetta nell’epitelio”, ha spiegato Hope. “E non è detto che si trovi lì dove tutti hanno sempre cercato”. Intanto, sottolineano i ricercatori, è necessario pensare a nuove strategie per bloccare l’ingresso del virus attraverso l’epitelio vaginale. Prima fra tutte la sensibilizzazione verso l’uso del preservativo, ancora troppo poco utilizzato. (r.p.)
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