I succhi di frutta inglesi sono i più ricchi di pesticidi, seguiti a breve distanza dagli analoghi spagnoli. Centrifughe e spremute imbottigliate in Italia sono più sicure di quelle francesi, svizzere e tedesche, ma meno rispetto a quelle statunitensi e russe. Lo rivela uno studio dell’Università di Jaèn, in Spagna, il primo a riportare i dati sulla concentrazione di pesticidi in bevande analcoliche a base di frutta. Dopo aver analizzato oltre cento campioni di marchi a distribuzione mondiale provenienti da quindici diversi paesi, gli scienziati hanno concluso che la quantità di antiparassitari contenuta in molte delle bibite “di fama salutistica” oltrepassa la soglia massima di sicurezza stabilita dall’Ue per l’acqua potabile. Lo studio è pubblicato su Journal of Analytical Chemistry.
Carbendazim, tiabendazolo, imazalil e malatione sono solo alcune tra le più note delle cento sostanze chimiche con funzione antiparassitaria che i ricercatori hanno trovato nei campioni. I metodi automatizzati di screening hanno permesso di rilevare simultaneamente tracce delle diverse classi di antiparassitari, le cui quantità sono state poi stabilite con ulteriori analisi. In media il residuo delle sostanze incriminate è 300 volte il livello di residuo massimo (Mrl) fissato dall’Ue per l’acqua corrente o imbottigliata, anche se rimane ben al di sotto dei livelli consentiti per frutta e verdura fresca.
“L’Ue ha stabilito limiti molto severi per la concentrazione di pesticidi sia per l’acqua che per prodotti freschi, ma non per le bevande imbottigliate a base di ortaggi”, commentano i ricercatori, secondo i quali l’adozione di tecniche più adeguate nella lavorazione industriale basterebbe a ridurre i rischi di tossicità delle bevande. (l.d.p.)
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