Categorie: Società

Una rete le salverà

Ogni anno scompaiono nel mondo sessanta lingue. Muoiono insieme alle ultime persone in grado di parlarle, perché le nuove generazioni hanno dimenticato la cultura di origine. Ma a questo ritmo, dicono le stime più recenti, solo il 10% delle 6700 lingue attualmente in uso sopravviverà alla fine del 2000. Un dato allarmante, che sottolinea una gravissima perdita culturale. Ma è proprio questo allarme a stimolare nuove iniziative per correre ai ripari. E infatti, tra i progetti nati per arginare il fenomeno, ora è arrivata in soccorso Internet. Nella rete globale per eccellenza, alcune etnie in pericolo di estinzione hanno creato un loro sito, si sono ritagliate uno spazio da dove levare la propria voce e comunicare con ogni angolo del pianeta. Canzoni, tradizioni, storie e fotografie di questi popoli possono essere scoperti e ammirati on line, insieme alla possibilità di consultare dizionari rari, o di imparare, come nel caso di alcune tribù indiane, le lingue in via di estinzione. A sostenere questa iniziativa si sono impegnati soprattutto antropologi ed ecologisti. Per comprendere meglio il fenomeno, Galileo ha chiesto un’opinione a Massimo Canevacci, professore di Antropologia culturale all’Università di Roma “La Sapienza”, e studioso delle culture etniche e metropolitane del Brasile.

Professore, lei crede nell’uso di Internet come strumento di difesa culturale?
“Sì, sono assolutamente favorevole all’uso della rete. Basti pensare al caso del Brasile. Lì le culture etniche sono diffuse su un territorio grande come l’Europa. Per questo motivo molte popolazioni hanno scarse possibilità di incontrarsi. Attualmente, però, diversi gruppi hanno cominciato a comunicare tra di loro e con il resto del mondo grazie alla rete. Un’altra grande possibilità offerta da questo strumento è rappresentata dalle enormi quantità di dati che si possono acquisire sulle culture a rischio di estinzione. Cercando in rete informazioni sullo xavante, la lingua di una popolazione del Mato grosso, si ottengono molte notizie e curiosità. Cercando invece la stessa parola su enciclopedie o dizionari, la quantità di informazione non supera le tre righe”.

Su Internet la lingua dominante è l’inglese. Non pensa che possa sopraffare le altre lingue, indebolendole ulteriormente?
“Non credo. Certamente l’inglese è il linguaggio principale del Web. Ma la sua diffusione uso non può essere vista solo come un pericolo, come primo passo verso una omologazione, verso un mondo dove si parla un’unica lingua. Internet è uno strumento dentro il quale circolano informazioni, concetti, problemi di culture diverse. Gli Xavante del Mato grosso usano la rete e la considerano un mezzo meraviglioso che produce, anziché omologazione, una innovazione della propria cultura”.

Comunque il rischio di dominazione di una lingua esiste…
“Esiste, ma va accettato. Non ho una visione catastrofica riguardo al momento che stiamo vivendo. Credo, invece, che molti popoli e molte culture, anziché scomparire, stiano attraversando un processo di ibridizzazione. Il fenomeno è evidente quando consideriamo la diffusione di quelle neolingue, i cosiddetti “pidgin”, che nascono dalla sovrapposizione tra la lingua autoctona, la lingua nazionale e quella sempre più globale che è l’inglese. Sono convinto, quindi, che le nuove tecnologie possano favorire la produzione e la diffusione di nuovi linguaggi, che siano il risultato di innovazioni linguistiche e comunicative”.

Quindi le minoranze etniche, per sopravvivere su Internet, dovranno conoscere più lingue?“Certamente. Questi sono i flussi conflittuali della comunicazione contemporanea. Pensare, scrivere e parlare la propria lingua e contemporaneamente utilizzare lingue diverse è una grande forma di arricchimento culturale. L’idea che per secoli le culture etniche siano rimaste impermeabili alle influenze esterne è tipica del dominio occidentale. Ogni cultura si muove dentro flussi storici e cresce a contatto con le altre culture”.

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