Vaccini: per convincere gli scettici bisogna ascoltarne le preoccupazioni

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Credit: Hakan Nural/Unsplash

La campagna vaccinale prosegue. Oggi l’Italia può contare sul 60% di immunizzati tra la popolazione sopra i 12 anni. E per fortuna, perché i dati ci dicono che grazie ai vaccini si possono prevenire i casi gravi di Covid-19, i ricoveri in ospedale e i decessi. Eppure, i non convinti resistono: si tratta dei cosiddetti “esitanti vaccinali”, categoria che racchiude sia chi si oppone strenuamente alla vaccinazione sia chi è dubbioso e poco propenso. Uno studio dell’Università Jagellonica, a Cracovia, ha indagato nel dettaglio questa posizione: dai risultati  – pubblicati sul Social Psychological Bulletin – sembra che lo scetticismo nei confronti dei vaccini c’entri poco con le esperienze personali, e molto con atteggiamenti generalizzati e bias di conferma.

I vaccini, una mancanza di fiducia recente

Nell’ultimo secolo l’aspettativa di vita della popolazione globale è quasi raddoppiata e molti esperti concordano che il merito sia in gran parte dei vaccini: se all’alba del 1900 le principali cause di morte erano infettive, il trend si è decisamente invertito in una manciata di decenni. Eppure, recentemente pare che i vaccini siano vittime del loro stesso successo: da una parte la popolazione si è disabituata ad aver a che fare con malattie molto contagiose e spesso mortali, dall’altra si è diffusa una paura crescente riguardo gli effetti collaterali dei vaccini e dubbi sulla loro efficacia. Il risultato è stato un aumento delle persone che rifiutano di vaccinare se stesse oppure i loro figli, con conseguenze preoccupanti sulla diffusione di malattie infettive prima tenute maggiormente sotto controllo, come il morbillo. Adesso le opinioni riguardo i vaccini assumono un ruolo di cruciale importanza per gestire la pandemia di Covid-19, in quanto, dati scientifici alla mano, il vaccino è l’unico strumento per contenere l’insorgenza di sintomi gravi, ricoveri ospedalieri e decessi dovuti all’infezione da Sars-Cov-2. I risultati preliminari dello studio della Statale di Milano ResPOnsE Covid-19, che indaga la risposta dell’opinione pubblica all’emergenza pandemica in Italia, riportano che chi è assolutamente contrario a vaccinarsi è pari al 5% della popolazione italiana, ma che c’è anche circa il 13% poco disponibile a vaccinarsi, anche in caso di obbligatorietà.

Non chiamateli no-vax

I numeri confermano tendenze che erano già note nella psicologia sociale, ben prima di Covid-19: contrariamente alla concezione tradizionale, secondo cui gli atteggiamenti sono o assolutamente positivi o negativi, quando si parla di vaccini ragionare in termini dicotomici aiuta poco. Infatti, diversi studi sottolineano come la comunicazione a favore della vaccinazione dovrebbe includere soprattutto persone che hanno posizioni eterogenee e ambivalenti al riguardo: le convinzioni che si trovano a metà strada tra la completa accettazione e il rifiuto totale del vaccino prendono il nome di esitazioni vaccinali. È importante, da parte delle istituzioni sanitarie, capire tali posizioni perché non solo chi è esitante rispetto alla vaccinazione ha in genere convinzioni più malleabili rispetto a chi si oppone per principio, ma anche perché si tratta di un numero maggiore di persone. Alla luce di ciò, i ricercatori hanno indagato le opinioni di coloro che si oppongono ai vaccini anti-Covid-19, per comprenderle meglio.

Lo studio nel dettaglio

I dati sono stati raccolti intervistando online 492 partecipanti a una conferenza anti-vaccinazione in Polonia: i ricercatori hanno appurato che la maggior parte degli esitanti e degli oppositori dei vaccini sono motivati ​​da opinioni negative generalizzate, non dall’esperienza diretta. Infatti, sebbene i partecipanti inizialmente spiegassero la loro opposizione ai vaccini con esperienze negative dirette, non erano in grado di citare nel dettaglio queste esperienze, adducendo preoccupazioni su autismo, allergie o sulla salute dei bambini sottoposti a vaccinazione. I risultati indicano che gli individui che hanno dichiarato un’esperienza negativa con la vaccinazione erano in realtà stati persuasi dalle tipiche argomentazioni anti-vaccini. La ragione dietro questi atteggiamenti potrebbe celarsi dietro il cosiddetto bias di conferma: “Il bias di conferma consiste in un individuo che cerca attivamente informazioni coerenti con la propria ipotesi preesistente ed evita informazioni che offrono spiegazioni alternative”, scrivono i ricercatori nel loro articolo. Perciò, un atteggiamento negativo preesistente nei confronti dei vaccini non solo ha indotto i partecipanti allo studio a credere in maniera esclusiva alle argomentazioni anti-vaccino, ma anche a collegare in maniera automatica eventuali sintomi negativi derivanti da esperienze dirette con la pericolosità del vaccino.

In più, rispetto agli oppositori totali nei confronti del vaccino, coloro che si sono identificati come esitanti erano più fiduciosi sull’efficacia dei vaccini, nonché sull’affidabilità della ricerca, sebbene ancora concordi con le argomentazioni anti-vacciniste. Pertanto, nonostante lo studio presenti delle limitazioni (per esempio, sarebbe interessante applicare lo stesso questionario a chi si definisce a favore dei vaccini), i risultati suggeriscono che le istituzioni sanitarie dovrebbero indirizzarsi verso la popolazione esitante con una comunicazione positiva, affrontando le preoccupazioni specifiche sugli effetti collaterali.

via Wired.it