Sono aggressivi e cercano di mordere chi sta loro vicino. Sono sessualmente iperattivi. Soffrono d’insonnia, rifuggono dalla luce e da tutto ciò che brilla, come gli specchi. Non tollerano neppure gli odori molto forti, soprattutto quello dell’aglio. Vampiri? Non proprio. Si tratta della vittime della rabbia che, secondo uno studio del neurologo spagnolo Juan Gomez-Alonso apparso sul numero di settembre 1998 di Neurology, avrebbero fornito lo spunto al proliferare delle leggende sui vampiri.
Le similitudini tra i comportamenti di Dracula e compagni e di chi ha contratto la rabbia, osserva Gomez-Alonso, sono impressionanti. Infatti la rabbia fa persino vomitare sangue, impedisce di inghiottire la saliva provocando costante bava alla bocca, causa spasmi facciali che fanno assumere l’espressione di un animale che ringhia. E il virus non colpisce solo l’uomo, ma anche cani, lupi e pipistrelli, cioè proprio quegli animali che la tradizione associa ai vampiri. Ma c’è soprattutto una ragione storica alla base della tesi di Gomez-Alonso. Le prime notizie di avvistamenti di vampiri sono del XVIII secolo, in Europa orientale. E proprio qui, precisamente in Ungheria, imperversò verso il 1720 una grandissima epidemia di rabbia. (c.d.m.)
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