La terapia genica potrebbe essere una strada percorribile per trattare l’anemia di Cooley (beta talassemia), una grave malattia ereditaria del sangue. Ad aprire questa via sono i ricercatori italiani dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano che hanno portato a termine con successo gli studi pre-clinici su topi e cellule umane. Lo studio, guidato da Giuliana Ferrari, è stato pubblicato su una rivista della European Molecular Biology Organization, l’Embo Molecular Medicine.
La beta talassemia colpisce gli individui che ereditano da entrambi i genitori un particolare gene recessivo. Queste persone non producono la beta globulina – una componente dell’emoglobina, la proteina che nei globuli rossi cattura l’ossigeno e lo distribuisce a tutti i tessuti – sono costrette a continue trasfusioni e, quando possibile, al trapianto del midollo osseo (circa il 25% dei casi).
L’idea alla base della terapia genica per la talessemia è di prelevare cellule staminali del sangue (quindi adulte, che si trovano nel midollo osseo), correggerle sostituendo almeno uno dei due geni “difettosi” con un gene “buono”, e reintrodurle nel paziente affinché si specializzino in cellule del sangue completamente funzionanti, in grado cioè di produrre la beta-globulina.
L’équipe di Ferrari ha mosso i primi fondamentali passi in questa direzione. I ricercatori sono infatti riusciti a introdurre il gene funzionante della beta-globulina nel Dna di un vettore virale (un virus assolutamente innocuo, usato solo come “contenitore” e come “trasporto” dei geni che si vogliono portare nella cellula) chiamato Globe. Il vettore virale è stato quindi usato per trasferire il gene in alcune staminali del sangue coltivate in laboratorio. Si è così ristabilita la corretta produzione della globulina senza che questo interferisse con le funzioni cellulari e con l’integrità del Dna umano. Il passo successivo sarà quello di reintrodurre le cellule staminali “corrette”, e in grado di produrre un’emoglobina completamente funzionante, nei pazienti talassemici. Come già è stato fatto con successo nei topi.
Riferimenti: Embo Molecular Medicine DOI: 10.1002/emmm.201000083