Videosorvegliati, ma senza esagerare

    “Attenzione: la zona non è sottoposta a monitoraggio Tvcc (Televisione a circuito chiuso)”. In un futuro non troppo lontano potremmo incontrare questi strani cartelli nelle nostre strade. Questo, stando allo studio presentato negli scorsi giorni dal Garante per la tutela della privacy a proposito della diffusione dei sistemi di videosorveglianza in Italia.

    L’indagine, condotta sulle quattro città campioni Milano, Roma, Napoli e Verona ha rivelato un paese sempre più spiato, tanto da lasciar supporre che l’eccezione sarà non essere controllati dalle telecamere, piuttosto che il contrario. Puntati un po’ ovunque, sembra che gli indiscreti occhi elettronici diventeranno un nuovo servizio pubblico indispensabile come la corrente elettrica, l’acqua, il gas e il telefono.

    Roma è la città più sorvegliata d’Italia con ben 726 telecamere sparse dalla Stazione Termini a Via XX Settembre. Possiamo passeggiare con più naturalezza invece a Verona, ultima nella lista per numero di installazioni (67), in posizione intermedia Milano (213) e Napoli (89).

    Sebbene in crescita, da noi il fenomeno non è paragonabile a ciò che avviene nel Regno Unito, dove il sistema di videosorveglianza è nato e ha avuto grande successo come conseguenza delle “imprese” degli hooligans. Il 1985 fu infatti un anno particolarmente infelice per la sicurezza negli stadi britannici, tanto che il Football Trust, l’associazione delle squadre di calcio d’oltre Manica, diede il via libera all’installazione dei sistemi Tvcc in 92 club. Da allora le telecamere-spia si sono moltiplicate senza freni. Nel 1999, ben 500 città inglesi avevano un sistema di telesorveglianza pubblico, nel 1996 erano solo 76.

    Le telecamere vengono piazzate in aree pubbliche o aperte al pubblico con il supposto scopo di prevenire o ridurre atti di criminalità. Centri storici, vie, piazze, banche sono alcuni dei luoghi in cui ogni nostra mossa viene registrata. Un bacio furtivo in un vicolo o un incontro segreto al casello autostradale possono essere immortalati all’oscuro dei protagonisti.

    Il successo dei sistemi di sorveglianza video a circuito chiuso si spiega anche in termini economici. A partire dagli anni’ 90, infatti, i costi delle videocamere sono crollati permettendone per esempio l’installazione anche a chi possedeva piccole attività commerciali. Sempre in Gran Bretagna l’industria della sorveglianza visiva e il suo indotto sono un mercato che supera i 300 milioni di sterline all’anno.

    Un altro elemento che spiega il propagarsi di questa tecnologia di controllo è la stretta connessione con la televisione. Secondo gli analisti si crea un meccanismo psicologico collettivo per il quale chi vede al telegiornale un crimine sventato grazie all’uso opportuno di una telecamera può essere indotto a ritenere efficace e indispensabile per la propria sicurezza questo strumento.

    Sotto l’aspetto tecnico le telecamere stanno diventando sempre più piccole e difficili da notare. Nonostante il loro numero sia in crescita esponenziale, esse diventeranno sempre meno visibili. La loro presenza passerà inosservata anche in spazi ristretti, negli ascensori, sugli autobus o sui treni. Aumenta anche la loro potenza: gli ultimi modelli sono in grado di riconoscere la marca di un pacchetto di sigarette a centinaia di metri anche in condizioni di scarsa illuminazione.

    Ma ciò che preoccupa di più è il futuro sviluppo digitale di questi apparecchi. Le nuove tecnologie consentiranno infatti di collegare queste telecamere in rete e di confrontare le immagini con dati personali registrati in appositi archivi. Esempio: un automobilista lascia la propria automobile in un posto macchina riservato a un’altra persona, la targa viene monitorata immediatamente e confrontata con quelle esistenti nel database dell’area di parcheggio. L’errore viene subito segnalato l’auto viene fatta spostare immediatamente. E se questo è un uso in fondo abbastanza soft del nuovo “voyeurismo” informatico, non è difficile immaginare a quale tipo di intrusioni potrebbe portare questo genere di tecnologie.

    Alla grande famiglia delle telecamerine vanno naturalmente aggiunti i milioni di web cam, le videocamere che riversano in diretta sul web tutto ciò che riprendono e potrebbero essere fonte di ulteriori preoccupazioni. Il bacio furtivo o l’incontro segreto potrebbero essere visti da chiunque si connetta al sito Internet dove vengono inviate le immagini riprese.

    Il guaio è che la legislazione in materia è in Italia in forte ritardo. Mentre per esempio in Germania, Spagna e Francia esiste già una normativa specifica che regola la progettazione e l’installazione dei dispositivi di telesorveglianza, nel nostro paese ci si rifà alle generiche prescrizioni della legge sulla privacy. Da qui l’allarme lanciato dal Garante: una spinta perché le istituzioni si adoperino a regolare un fenomeno che cambierà le nostre abitudini sociali e la percezione di vita privata.

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