Il detto “la pentola guardata non bolle mai” sembrava fino ad oggi fisicamente confermato. Almeno nel mondo della meccanica quantistica, dove l’osservazione di un sistema altera il sistema stesso. Il fenomeno, noto come “effetto Zenone quantistico”, predice infatti che la misura ripetuta di un decadimento quantistico fa sì che il processo di decadimento rallenti. L’effetto prende il nome dall’antico paradosso della freccia proposto da Zenone. Secondo il filosofo greco il moto di una freccia è divisibile in infiniti istanti di tempo durante i quali la freccia è ferma. Ma se il moto è la somma di questi infinitesimi, la freccia non si muove e il moto non è che un’illusione. Negli ultimi trent’anni i fisici hanno creduto che l’effetto Zenone quantistico fosse fisicamente applicabile, e che sarebbe stato possibile sfruttarlo per “congelare” le reazioni di decadimento nucleare radioattivo. Ora Gershon Kurizki e Abraham Kofman, del Weizmann Institute of Science di Rehovot, Israele, hanno dimostrato che l’effetto Zenone si verifica solo per una classe molto ristretta di decadimenti quantistici. Non solo: il suo opposto, battezzato “effetto anti-Zenone” è assai più comune e implica un aumento della velocità di decadimento dipendente dalla frequenza delle osservazioni. I ricercatori israeliani hanno pubblicato su Nature un articolo teorico con la dimostrazione delle loro affermazioni. Per ora non ci sono conferme sperimentali, ma gli stessi Kurizki e Kofman suggeriscono come mettere alla prova la loro teoria. (f.n.)
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