Addio manicomi giudiziari

di Elisa Scaringi, Mirco Baldacci e Martina D’Annunzio

“39 Residenze per l’Esecuzione della Misura di sicurezza Sanitaria (Rems) hanno sostituito gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg) a partire dal 1 aprile 2015. Si tratta di strutture gestite dalla sanità regionale, in collaborazione con il Ministero della Giustizia, nelle quali viene garantita sia l’esecuzione della misura di sicurezza che l’attivazione di percorsi terapeutici riabilitativi. Con un massimo di 20 posti letto, all’interno delle Rems è prevista la presenza di medici e personale sanitario, oltre a un presidio di vigilanza limitato unicamente al perimetro degli edifici.

Istituite con la legge 81 del 2014, queste residenze andranno a sostituire definitivamente i sei Opg, sorti sul territorio nazionale nel 1975 e impostisi come espressione del trattamento “differenziato” da sempre riservato ai “malati di mente”. Dei circa 700 pazienti presenti negli Opg al 31 marzo, stando ai dati del Ministero della Salute e del Ministero della Giustizia, dovranno essere trasferiti, nelle regioni di residenza, solamente in 450. Per gli altri saranno avviati percorsi di dimissione mirati ai singoli casi.

L’unico Opg per cui è prevista una riconversione in Rems è quello di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova. A Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, sono 165 le persone che verranno destinate alle due Rems di Naso (Messina) e Caltagirone (Catania). Nell’Opg di Morlupo Fiorentino è ancora in corso di organizzazione il trasferimento dei 120 pazienti. Dei 130 internati nella struttura di Reggio Emilia, solamente 40 resteranno in Emilia Romagna, distribuiti tra Parma e Bologna, in attesa che la regione attrezzi la Rems di Reggio Emilia. In Campania, dove sono 104 i pazienti presenti nell’Opg di Aversa e 87 in quello di Napoli, le strutture residenziali sorgeranno a Calvi Risorta (Caserta), attiva dal 1 settembre 2015, e ad Avellino, operativa dal 30 maggio.

Secondo lo psichiatra Peppe Dell’Acqua, che iniziò la sua carriera a Trieste con Franco Basaglia (riformatore della disciplina psichiatrica in Italia), le prime stime sull’apertura delle Rems potranno essere fatte solo fra qualche tempo: “I manicomi chiusero definitivamente solo a vent’anni dall’approvazione della legge 180 del 1978 (nota anche come Legge Basaglia), e in quel caso, a essere coinvolti, furono circa 100.000 malati distribuiti su 92 province”.

La storica decisione di chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ha il suo punto di svolta nel 2010, quando la commissione parlamentare di inchiesta, guidata dall’attuale Sindaco di Roma Ignazio Marino, decide di effettuare dei sopralluoghi presso i sei Opg italiani, prendendo come modello di riferimento quello di Trieste. La scelta, nata da una denuncia del 2008 del Comitato europeo per la prevenzione della tortura che riscontra nell’Opg di Aversa forme gravissime di maltrattamento, porta finalmente alla luce lo stato di degrado e miseria in cui versano gli Opg, dove gli internati sono costretti a vivere in una condizione estranea al diritto costituzionale. A Barcellona Pozzo di Gotto vengono scoperti fatti incresciosi: la commissione si trova di fronte una realtà inimmaginabile, dove l’ospedale si è trasformato da luogo sanitario a luogo indegno per un paese civile. Sconvolti, i membri della commissione si recano dall’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che li esortata a tornare in quei luoghi per filmare le oscenità, successivamente raccontate dal regista Francesco Cordio nel documentario Lo Stato della follia.

Per Dell’Acqua, “rispetto al bubbone purulento degli Opg, un residuo ottocentesco a cui finalmente l’Italia dice addio, le Rems sono un male necessario che andrà però superato in futuro. Benché siano dei luoghi “belli” dal punto di vista architettonico, con un numero limitato di presenze e nei quali la competenza regionale permette a persone fino a ora sconosciute al territorio di diventare visibili, le Rems rimangono delle strutture in cui le modalità di gestione e regolamentazione sono desunte dal regime degli Opg”. Tutti coloro che commettono un reato, infatti, dovrebbero godere del diritto a una pena soggettivata, che escluda come soluzione le Rems, a favore di progetti individuali e della cura nelle carceri normali. Attualmente invece, se il magistrato suppone, o per pregresse informazioni o per la paradossalità del reato, che l’imputato abbia un disturbo mentale, richiede una perizia psichiatrica. Nel momento in cui venga riscontrata “incapacità di intendere e volere”, “pericolosità sociale” oppure “infermità mentale”, il giudice proscioglie l’imputato, destinandolo alle cure dell’Opg (sostituito ora dalle Rems) per un periodo subordinato alla persistenza della pericolosità sociale. Abrogando gli articoli 88 e 89 del Codice Penale si porterebbero in giudizio tutti i cittadini accusati di aver commesso un reato, anche quelli affetti da disturbi mentali, che verrebbero sottoposti così a normale processo. La successiva erogazione ed espiazione della pena verrebbe modulata in rapporto alle condizioni di salute mentale di ognuno, attuando programmi terapeutici e riabilitativi sia all’interno del carcere stesso sia attraverso misure alternative alla detenzione, quali la semilibertà o gli arresti domiciliari. Così facendo, i cittadini, anche se “folli”, riacquisterebbero tutti i loro diritti, compreso quello di essere condannati e di poter espiare la pena, intaccando lo stigma per cui il “folle” è sempre incapace e irresponsabile.

Il futuro sono le Rems
Il dott. Ferdinando Ferrauti è uno psicologo psicanalista e dirigente di dipartimento della Rems di Pontecorvo (Lazio), inaugurata il 1° aprile 2015. La struttura ospita undici donne, residenti nella regione Lazio, provenienti da Castiglione delle Stiviere, l’unico ospedale psichiatrico giudiziario femminile. Lo abbiamo intervistato.

Qual è il funzionamento interno di una Rems?
“La Rems è un’attività clinica in una dimensione terapeutica per malati mentali: sulla falsariga di una comunità terapeutica. Con un’aggiunta fondamentale: il sistema di sicurezza”.

Chi sono i pazienti?
“Sono gli stessi pazienti che provengono dagli ospedali psichiatrici giudiziari. Sono persone che devono effettuare un percorso di cura prima di essere reinserite nella società. Ma qui trovano una condizione di vita nettamente migliore. Il futuro sono le Rems”.

Qual è l’obiettivo?
“L’obiettivo è il reinserimento del paziente nella società. Dopo quarantacinque giorni dall’ingresso del paziente nella Rems, viene mandato il piano terapeutico al Magistrato che decide se dimettere il paziente oppure no”.

Qual è la giornata tipo di un residente della struttura?
“Chi risiede nella nostra struttura si alza la mattina alle 7:30 e segue la terapia della mattina. La Rems ha molte sale ricreative: la palestra, la biblioteca, la sala pittura, la sala televisione e la sala culto. I nostri pazienti sono molto entusiasti di queste attività. In mattinata hanno la possibilità di ricevere i familiari. Poi c’è il pranzo a cui segue la psicoterapia individuale e di gruppo. Abbiamo anche il parrucchiere, a cui i nostri pazienti tengono molto. Nel tardo pomeriggio c’è l’ultima fase di terapia, poi c’è la cena. Verso le 22:30 i nostri pazienti vanno a dormire”.

Quali sono i miglioramenti rispetto a prima?
“Molti: la Rems è una grande conquista di civiltà. Intanto ora abbiamo un moderno e efficiente sistema di sicurezza. Anche il modo in cui vengono seguiti è qualitativamente superiore rispetto a quello degli ospedali psichiatrici giudiziari”.

Dagli Opg alle Rems

Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, meglio noti come “manicomi giudiziari”, hanno ospitato, fino al 31 marzo 2015, tutte quelle persone che al momento in cui hanno compiuto il reato sono state dichiarate incapaci di intendere e di volere, quindi non imputabili. Questi soggetti sono stati condannati al carcere a vita, non per la gravità del reato commesso, ma perché la collettività non è riuscita a farsi carico del loro reinserimento sociale, affettivo e lavorativo, data la loro presunta pericolosità sociale. Tale misura detentiva potrebbe essere revocata immediatamente dal magistrato di sorveglianza, se fossero previsti progetti di reinserimento da parte dei Dipartimenti di Salute mentale del territorio di appartenenza ma, spesso, viene prorogata all’infinito.

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A mettere in luce le condizioni disumane di vita delle persone recluse è stata la Commissione d’inchiesta del Senato sull’efficacia ed efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, presieduta dal senatore Ignazio Marino, che nel mese di giugno e luglio 2010 ha visitato i sei istituti presenti sul territorio, denunciando una realtà in cui non c’è rispetto per l’identità della persona e definendo la detenzione negli OPG un “ergastolo bianco… una sorta di inferno organizzato”. Nel giugno dello scorso anno il Parlamento ha approvato la Legge 81, che ha fissato la chiusura degli OPG al 31 marzo 2015 e previsto l’adozione di misure alternative al ricovero in OPG, un finanziamento per potenziare i Servizi di Salute Mentale e la parola fine sui cosiddetti “ergastoli bianchi”. Chi fino al 31 marzo è stato internato, verrà accolto nelle REMS, residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria, strutture sanitarie, con pochi posti letto (al massimo venti) e capillarmente diffuse sul territorio. Sono in molti tuttavia a sostenere come queste strutture rappresentino una regionalizzazione degli OPG e non una loro alternativa. Inoltre, non sono previsti reali interventi di cura e riabilitazione delle singole persone, ma solo una loro custodia.

Credits immagine: Daniele Zedda via Compfight cc

Articolo Prodotto in collaborazione con il Master “La Scienza nella Pratica Giornalistica” della Sapienza Università di Roma

1 commento

  1. Sono la madre di un internato dell’Opg di Montelupo. Mi dispiace testimoniare che , a distanza di più di due mesi dalla ” avvenuta chiusura” le cose stanno esattamente come prima … anzi forse peggio perché adesso tutte le attività che con fatica gli operatori volenterosi erano riusciti ad inserire sono sospese. Soprattutto il personale di polizia penitenziaria continua imperterrito ad applicare le regole di regime carcerario con una rigidità mentale a volte a dir poco superflua. Nessuna umanità per persone colpevoli ma per legge degne almeno di una possibilità di guarigione, ove possibile, o di vita dignitosa con le modalità di cura che la legge ha finalmente previsto per questi casi. Naturalmente credo anche che la polizia penitenziaria agisca in base alle mansioni che ha … ma perché, mi domando, se è scattato questo cambiamento dal 1′ Aprile , non c’è stato né commissariamento , né almeno un po’ di buona volontà nel cominciare ad essere più flessibili in alcune delle restrizioni che allo stato attuale risultano fuori luogo?
    Grazie dell’attenzione.
    Giovanna Gioiosa

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