Un pezzo di Marte a Bologna

Frances Westall è una giovane geologa inglese che vive da sei anni a Bologna. E da due settimane custodisce un frammento della roccia più famosa del mondo: il meteorite marziano su cui gli esperti della Nasa pensano di aver trovato tracce di vita extraterrestre. “E’ arrivato uno scatolone dagli Stati Uniti”, racconta la Westall. “Nonostante le grandi dimensioni sapevo che non mi avrebbero mandato l’intero meteorite. Ma quando l’ho aperto ho trovato un recipiente di metallo grande come la metà di un pacchetto di sigarette. Accanto c’era una lettera che precisava il peso del campione: 0,045 grammi. Allora mi sono chiesta: riuscirò a vederlo a occhio nudo?”

Ebbene sì, la briciola di roccia marziana si vede. E’ un cubetto scuro di 3 millimetri di lato che potrebbe racchiudere molti misteri. Misteri che Frances Westall ha un anno di tempo per svelare. Galileo le ha chiesto in che modo intende farlo, durante il convegno sull’origine della vita e la vita extraterrestre svoltosi nei giorni scorsi al Centro Internazionale di Fisica Teorica di Trieste.

Dottoressa Westall, come mai è stata “scelta” dalla Nasa?

“Probabilmente perché apprezzano il lavoro che ho fatto sui batteri fossili terrestri. Un’attività di ricerca iniziata quasi per caso quando ho trovato batteri fossili nei sedimenti delle profondità marine, nel sud atlantico, vecchi di 10-15 milioni di anni. Mi hanno incuriosito e ho deciso di studiare meglio il processo che porta alla fossilizzazione dei microrganismi. Anche facendo esperimenti”.

Perché, è possibile ricreare in laboratorio fossili di batteri?

“Certo, basta mettere una colonia di batteri all’interno di una soluzione di silice e aspettare. Alcuni colleghi hanno usato anche il carbonato di calcio, osservando la formazione di cristalli attorno ai batteri. La membrana cellulare dei batteri è infatti molto reattiva per i minerali che così si aggregano intorno ai microrganismi. Questo però non accade sempre e io non ho ancora capito in quali situazioni si verifica. Tuttavia è sorprendente la facilità con cui si riesce a trasformare un batterio in un fossile”.

E questo potrebbe essere accaduto subito dopo la comparsa della vita sulla Terra?

“Si. Alcuni dei batteri fossili che ho studiato potrebbero risalire a tre miliardi e mezzo di anni fa. Li ho trovati in campioni di rocce provenienti dal Sudafrica, dall’Australia e dalla Groenlandia. Tuttavia non tutti sono convinti che si tratti di fossili. Nella comunità scientifica c’è un acceso dibattito su quest’argomento perché le cose che ho visto sono molto diverse da quelle che hanno descritto altri autori da 30 anni a questa parte”.

Comunque, nonostante le controversie, le è stato affidato un pezzo di Marte.

“Già, sono una delle 16 persone a cui la Nasa ha spedito frammenti di meteorite. E’ una grande responsabilità. Ho dodici mesi di tempo per studiare il mio frammento e scrivere una relazione. Sono di fronte a un sfida grandissima e spero di essere all’altezza.”

Ha già avuto modo di fare le prime analisi?

“L’ho osservato attraverso il microscopio a scansione elettronica dell’istituto di Anatomia umana dell’Università di Bologna. Su una delle superfici ho visto parecchi globuli di carbonato di calcio. E’ dentro questi globuli che i colleghi della Nasa hanno trovato le strutture somiglianti a batteri fossili. Ma, almeno per ora, io non ho visto niente che assomigli a tracce di vita passata. Va anche detto che ho potuto utilizzare il microscopio solo per poche ore”.

Colpa di chi?

“Purtroppo in Italia si perde troppo tempo per cercare di fare cose che dovrebbero essere normale amministrazione. Anche se i ricercatori dell’istituto di Anatomia umana sono molto orgogliosi di ospitare la ricerca sul meteorite marziano, non riescono a farmi usare la strumentazione quanto vorrei. Forse però a ottobre potrò accelerare i tempi. Trascorrerò un mese all’Università di Città del Capo per studiare alcune rocce sudafricane. Probabilmente porterò con me il pezzo di Marte e lo sottoporrò ad analisi che in Italia richiederebbero troppo tempo”.

E in attesa del viaggio dove lo conserva?

“A Bologna. In un luogo sicuro e segreto, ovviamente”.

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