Un big bang nell’evoluzione

L’evoluzione umana non sarebbe stato un processo lento e inesorabile come spesso è stato ipotizzato. Lo dimostrerebbe uno studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di antropologia dell’Università del Michigan e pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution. Secondo gli antropologi guidati da John Hawks, in Africa due milioni di anni fa un piccolo gruppo di individui si sarebbe separato dagli altri Australopitechi. Questa separazione e il conseguente isolamento avrebbero prodotto una repentina rivoluzione genetica, testimoniata dalla trasformazione delle dimensioni del cervello, dello scheletro e del corpo di questi ominidi e che avrebbe poi portato alla comparsa dell’Homo sapiens. I ricercatori dell’Università Michigan sono giunti a queste conclusioni grazie a un’analisi incrociata di reperti paleontologici, archeologici e di prove genetiche. “Tutti i dati raccolti”, ha dichiarato Hawks, “suggeriscono che l’antenato dell’Homo sapiens sia nato in Africa e solo successivamente si sia diffuso nelle altre regioni del mondo”. Convinto che a innescare il cammino verso la nostra specie sia stata una rivoluzione genetica verificatasi in un piccolo gruppo isolato di australopitechi è anche l’antropologo Milford Wolpoff: “I più antichi resti di sapiens differiscono in modo significativo, per forme e dimensioni, da quelli degli australopitechi. Pertanto, questi cambiamenti si devono essere verificati improvvisamente e non in modo graduale”. (p.c.)

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