La genetica del Vaticano

“La genetica è una disciplina destinata a segnare sempre più profondamente la medicina moderna e a incidere in maniera significativa sulla qualità della vita di ognuno di noi”. Parole di Bruno Dallapiccola, presidente della Società italiana di genetica umana, durante l’inaugurazione del nuovo Istituto Mendel a Roma, giovedì scorso. Una struttura, unica in Italia nel suo genere, che offrirà servizi di genetica medica al pubblico, che ospita laboratori sofisticati per condurre la ricerca di punta, che vuole affermarsi quale centro di riferimento per la formazione e l’informazione, nonché prendere posizione nel complesso dibattito etico e scientifico che circonda i temi della genetica. Uno sforzo costato 9 miliardi di lire. Insomma, una storia che sembrerebbe in controtendenza rispetto alle lamentele che gli scienziati italiani avanzano contro i pochi finanziamenti pubblici alla ricerca genetica. Il fatto è che l’Istituto, così come i soldi che ne hanno permesso il restauro, sono di proprietà della Santa Sede, o meglio della Fondazione “Casa Sollievo della Sofferenza” – Opera di Padre Pio che dal 1968 è passata in eredità al Vaticano.

Situazione questa che non dispiacerebbe certo al fondatore dell’Istituto, Luigi Gedda, uno dei pionieri della genetica italiana, che ha lasciato la sua creatura in eredità alla Fondazione. Uomo profondamente religioso, Gedda fu uno dei primi in Italia a capire l’importanza che gli studi genetici avrebbero avuto in campo medico e nel 1953 decise di costruire, a due passi dall’Università La Sapienza di Roma, un centro dedicato alla ricerca della genetica e della gemellologia. Qui organizzò un corso libero triennale di Genetica medica di tale successo che il percorso di studi ottenne il riconoscimento del vicino ateneo. Successivamente, quando il Ministero della pubblica istruzione bandì il primo concorso per una cattedra di genetica medica fu proprio Gedda a vincerla. A tre mesi dalla sua morte, apre adesso le porte il nuovo Istituto Mendel, completamente ristrutturato: 2600 metri quadrati di superficie, 18 chilometri di cavi che collegano tutti i terminali presenti, 40 ricercatori specializzati guidati da Bruno Dallapiccola. Un fiore all’occhiello della ricerca italiana, anche se finanziata da soldi della Stato Vaticano.

Eppure la risposta italiana alla mappatura del genoma era stata annunciata ad agosto scorso. Si chiama progetto Ipergen, promosso dal Ministero dell’università e della ricerca scientifica, e può contare, almeno sulla carta, di un finanziamento di 273 miliardi, una parte dei quali ottenuti con l’asta dei telefonini Umts. Fondi con cui promuovere consorzi pubblico-privato tra università e aziende per la costruzione di sei centri di ricerca su tutto il territorio italiano, con cinque obiettivi: tipizzare tutti i geni per avere informazioni sul rischio genetico di ammalarsi di alcune malattie; scovare i geni buoni e cattivi; studiare le proteine e la loro interazione dentro le cellule; formare ricercatori bioinformatici, definiti come cybernauti del genoma, capaci di scoprire geni dalle banche dati del Dna che sono su Internet; studiare nuovi modelli animali per comprendere le scoperte genetiche. Ma i tempi di realizzazione sono legati all’iter parlamentare di approvazione della finanziaria.

A proposito dei finanziamenti pubblici alla ricerca genetica si era espresso anche Renato Dulbecco. “Senza Telethon la ricerca genetica italiana sarebbe morta nell’arco degli ultimi cinque anni”, affermava il premio Nobel a margine della maratona tv Telethon. E grazie alle donazioni lo scorso 20 novembre è stato inaugurata a Napoli la nuova sede del Tigem, l’Istituto Telethon per la Genetica e la Medicina prima ospite del San Raffaele di Milano (altra istituzione ecclesiastica). La realtà scientifica più importante del Mezzogiorno guidata da un genetista di fama mondiale, Andrea Ballabio. Se è vero che l’Italia ha perso il treno del genoma, come è stato detto dopo l’annuncio della mappatura del patrimonio genetico umano, è ancora da dimostrare che i finanziamenti pubblici riescano a farle prendere quello del post-genoma. Eppure se ne sentirebbe un gran bisogno. Rimangono infatti delle perplessità sulla libertà di azione dei ricercatori che si trovano a lavorare in istituti religiosi. Anche se a questo proposito Dallapiccola ha dichiarato: “siamo sicuri di poter affrontare all’Istituto Mendel tutti i diversi ambiti di ricerca della genetica”. Staremo a vedere.

2 Commenti

  1. Avete eliminato l’articolo di Fabio G.Rando su Luigi Gedda per poi mantenere questa vergognosa quanto falsa ricostruzione, ma non avete una coscienza?!

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