Dalle convulsioni all’epilessia: ecco le basi genetiche

Spesso le scoperte più importanti sono casuali. A volte derivano da uno sbaglio o più semplicemente da un evento imprevisto all’interno di un progetto rigorosamente stabilito. Ma solo l’intuizione o la capacità di osservazione dello scienziato possono ricondurre questa fatalità in un contesto razionale. È così che lo studio di una patologia a carattere ereditario dei neonati sta portando alla comprensione delle basi molecolari dell’epilessia. Questo percorso è stato intrapreso da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze e Scienze del Comportamento dell’Università Federico II di Napoli. La particolarità di questa malattia è che si manifesta nella prima settimana di vita postnatale, ma scompare  spontaneamente entro pochi mesi. Sono le Convulsioni Neonatali Familiari Benigne (Bnfc), una forma di epilessia generalizzata del neonato. Gli alberi genealogici di famiglie con individui affetti mostrano che si tratta di una malattia ereditaria a carattere dominante. Si presenta cioè tipicamente a ogni generazione e un genitore affetto la trasmette in media alla metà dei figli.

Le basi genetiche delle Bnfc

La base genetica della malattia è stata recentemente individuata. “La Bnfc è causata da mutazioni nei geni KCNQ2 e KCNQ3”, spiega Maurizio Taglialatela, professore associato di Farmacologia all’Università di Napoli e coautore della ricerca. “Questi geni codificano le subunità proteiche che formano i canali del potassio nel cervello”. Canali che regolano l’eccitabilità dei neuroni e la trasmissione degli impulsi nervosi. Ma perché la patologia scompare nell’arco di poche settimane? “Non é ancora chiaro”, risponde Taglialatela. “Probabilmente durante lo sviluppo del neonato intervengono man mano diversi fattori per cui il ruolo di uno di questi può risultare a un certo punto ridondante, e una stessa funzione può essere svolta da altri componenti. In ogni caso i sintomi spariscono senza lasciare traccia. I pazienti infatti non presentano alcun tipo di anomalia neurologica o psicologica”.

Il rischio epilessia nell’età adulta

Ma le ricerche dell’équipe napoletana non si sono fermate qui. Un successivo studio ha infatti individuato una nuova mutazione nel gene KCNQ2, capace di aumentare il rischio di manifestare l’epilessia più tardi nel corso della vita. “Questa mutazione determina un piccolo cambiamento nel dominio voltaggio-dipendente della proteina, la porzione che regola l’attivazione del canale in risposta a un determinato impulso nervoso. La percentuale di pazienti affetti da Bnfc in cui si verificano attacchi epilettici da adulti è del 10-15 per cento”, precisa Taglialatela, “il che corrisponde ad una probabilità 10-20 volte maggiore rispetto agli individui normali, che non hanno la mutazione”. La scoperta dimostra che le caratteristiche di queste proteine-canale rivestono un ruolo di primaria importanza nel modulare la risposta allo stimolo nervoso. Proprio il malfunzionamento di questi canali, infatti, potrebbe essere un meccanismo alla base dell’epilessia.

Ed è in questa direzione che stanno proseguendo gli studi: chiarire i rapporti di causa-effetto attraverso la determinazione delle relazioni tra struttura e funzione di queste proteine. Ma quali possono essere le altre cause che scatenano questa malattia? “I fattori che possono giocare un ruolo nel determinare un attacco epilettico sono molteplici e ancora in gran parte sconosciuti”, risponde il ricercatore, “e alcuni sono di natura genetica. L’altra linea di ricerca su cui ci stiamo orientando è volta a stabilire se vi sia un’associazione tra alcune mutazioni già note in individui affetti da epilessia e le mutazioni nel gene KCNQ2”.

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