La malaria messa a nudo

Da oggi la scienza ha due armi in più per combattere la malaria. Due mappe genetiche. Quella del Plasodium falciparum, il parassita che causa la malattia e quella dell’Anopheles gambiae, la zanzara responsabile della trasmissione dell’epidemia. Entrambi frutto di grandi collaborazioni internazionali, i genomi sono pubblicati rispettivamente su Nature e Science. A disposizione degli scienziati ci sono quindi ora le sequenze di tutti e tre gli organismi coinvolti nel ciclo della malaria: plasmodio, zanzara ed essere umano. Il cui studio incrociato permetterà di comprendere meglio i meccanismi di interazione reciproca. Ciò che è noto del ciclo della malaria è infatti la capacità del parassita di svilupparsi nell’apparato boccale dell’Anopheles gambiae, in particolare nelle sue ghiandole salivari. Quando punge un essere umano, l’insetto rilascia il plasmodio che arriva fino nel fegato, dove comincia a riprodursi. Da qui viene rilasciato periodicamente all’interno del circolo sanguigno, infettando così i globuli rossi. Dal sangue umano il parassita può successivamente passare a un’altra zanzara, attraverso una puntura, e iniziare nuovamente il ciclo. Ma cosa accada a livello molecolare rimane ancora un mistero, che le mappe cercheranno di svelare nei prossimi anni. Alcune delle conseguenze delle mappature genetiche si possono immaginare a partire dai testi che accompagnano gli articoli con i dettagli del sequenziamento. Tra quelli pubblicati su Science, anche due studi italiani, firmati dai ricercatori del dipartimento di Scienze di sanità pubblica della Sapienza di Roma. “L’idea di sequenziare il genoma dell’Anopehles gambiae è nata appena due anni fa. In seguito alla proposta, fatta da diverse organizzazioni scientifiche, è stato fondato un consorzio formato dall’Organizzazione mondiale della sanità, dall’European Molecular Biology Organization, da diverse università e dalla Celera Genomics, l’unica azienda privata del gruppo”, spiega Alessandra Della Torre una delle ricercatrici dell’università romana che ha partecipato al progetto internazionale.Dottoressa Della Torre, qual è stato il vostro ruolo all’interno del progetto?“Principalmente è stato quello di fornire la mappa cromosomica dell’Anopheles, uno degli strumenti di base per le analisi genetiche. Mario Coluzzi, che è il direttore di questo dipartimento, è stato il primo a disegnare la forma dei cromosomi di questa zanzara. L’Anopheles ha cromosomi giganti, che si possono facilmente osservare al microscopio e che servono per riconoscere a quale specie appartiene una determinata zanzara. Esistono infatti almeno sette specie di Anopheles gambiae, che sono apparentemente identiche ma che si differenziano per la loro capacità di trasmettere la malaria. L’unico modo per distinguerle è quella di guardare al microscopio la forma dei loro cromosomi”.Quali sono i risultati raggiunti dal vostro laboratorio e pubblicati su Science?“Si tratta di ricerche collegate alla morfologia dei cromosomi giganti. Sarebbe importante riuscire a capire come la diversità genetica è legata alla capacità di trasmettere la malaria. Nei nostri studi viene messo in evidenza come la differenza a livello genetico si associa all’adattamento dell’insetto nei vari ambienti. Debellare la zanzara della malaria è così difficile anche perché la sua evoluzione è legata all’attività umana. Dalle analisi condotte sulle larve si è visto che l’Anopheles gambiae sta andando incontro a un processo di ulteriore speciazione, legato alle pratiche agricole umane. Quelle che si trovano nelle pozzanghere dopo la stagione delle piogge sono diverse da quelle che vivono nelle risaie, ma entrambe possono trasmettere la malaria. La conseguenza di questo è che prima la malaria si trasmetteva solo durante cinque mesi, adesso lungo tutto l’arco dell’anno”.Il sequenziamento dei genomi rappresenta un passo in avanti per la lotta alla malaria?“Non si tratta di una soluzione immediata, ma senza dubbio questi risultati aprono le porte a nuovi tipi di ricerche. Una strategia potrebbe essere quella di capire quali sono i meccanismi che rendono la zanzara resistente agli insetticidi o, addirittura, alle terapie antimalariche, e di sviluppare delle sostanze più efficaci. Un’altra possibilità è quella di studiare come la zanzara percepisce gli odori e quindi punge l’essere umano: anziché distruggere l’insetto si potrebbero sviluppare dei repellenti per prevenire le punture e quindi la trasmissione della malattia. Poi ci sarebbe la strada delle zanzare geneticamente modificate create per debellare quelle che trasmettono la malaria. Anche se non è detto che una zanzara prodotta in laboratorio possa sostituire la specie selvatica”.

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