Le spiagge italiane non godono di buona salute: il 42 per cento dei litorali è in erosione, mentre la gran parte dei tratti rimanenti deve la propria stabilità a massicce opere di difesa, che modificano il paesaggio, rendono più difficile la balneazione e spesso inducono l’erosione nei tratti di costa adiacenti. È la fotografia a tinte fosche che emerge dal rapporto del Gruppo nazionale per la ricerca sull’ambiente costiero, un’associazione scientifica presieduta da Giuliano Fierro dell’Università di Genova. Il volume, intitolato “Lo stato dei litorali italiani” raccoglie più di trent’anni di ricerche e sarà presentato domani al Cnr di Roma. L’esempio più allarmante viene dal Molise: dei suoi 36 chilometri di costa ben 25 sono difesi da scogliere, e su 22 chilometri di spiagge 20 sono in erosione: il 91 per cento. Valori estremi anche in Basilicata, seconda classificata con il 78 per cento dei litorali in erosione. Seguono la Puglia (65 per cento), l’Abruzzo (61 per cento), le Marche e il Lazio (a pari merito con il 54 per cento). Va meglio invece in Friuli (13 per cento), in Veneto (18 per cento) e in Emilia-Romagna (25 per cento), regioni in cui sono stati realizzati interventi di difesa dei litorali, facendo ricorso al ripascimento artificiale con sabbie prelevate sui fondali marini. Le altre regioni si collocano fra il 33 per cento della Liguria e il 43 per cento della Calabria. Le cause del fenomeno, osserva Fierro, vanno ricercate nel deficit sedimentario dovuto alla costruzione di sbarramenti, nel dragaggio di sabbia e ghiaia dagli alvei fluviali e nella costruzione di porti che bloccano il flusso di sedimenti lungo la riva. Altro fattore di erosione è dovuto all’innalzamento del mare di 15 centimetri nell’ultimo secolo. Unica nota positiva, le misure di difesa. Negli ultimi anni, infatti, per contrastare il processo di erosione sono state adottate difese “morbide” e abbandonate le vecchie difese ‘rigide’, privilegiando il ripascimento artificiale delle spiagge e la tutela del paesaggio. (da.c.)
