Deepwater Horizon: numeri e cause del disastro

A circa cinque mesi dall’esplosione che ha provocato il più grande disastro petrolifero di tutti i tempi, la British Petroleoum ha annunciato questa settimana che il pozzo Macondo è definitivamente chiuso. Il tappo, posizionato il 15 luglio scorso, ha superato i test della pressione, inaugurando così la fase dei bilanci. Per la prima volta una ricerca indipendente dal governo americano e dalla British Petroleoum fornisce una stima del volume di greggio che si è riversato nelle acque del Golfo: almeno 4,4 milioni di barili. Lo studio, condotto da ricercatori dell’Osservatorio Terrestre Lamont-Doherty della Columbia University, è stato pubblicato su Science.

Per valutare la quantità di petrolio disperso in circa 84 giorni, i ricercatori hanno utilizzato due brevi sequenze video (qui il link) ad alta risoluzione riprese da telecamere subacquee collocate in prossimità del punto di fuoriuscita. I video sono stati analizzati tramite una nuova tecnica denominata “optical plume velocimetry”, sviluppata per studiare le fessure idrotermali presenti in natura (fratture e buchi sul fondale marino provocati da attività vulcanica e da cui fuoriescono getti d’acqua calda ricca di minerali). “Il metodo consente di analizzare il movimento di ondate e flussi turbolenti nell’acqua, spezzando l’immagine pixel per pixel. Da questo punto di vista, un flusso idrotermale funziona in maniera simile a una fuoriuscita di greggio”, ha spiegato Timothy Crone, geologo marino della Columbia University.

I ricercatori hanno diviso la velocità del flusso in due periodi: dal 22 aprile al 3 giugno –  quando il petrolio usciva da una frattura dentellata nella piattaforma – e dopo il 3 giugno, giorno in cui il tubo è stato tagliato e la fuoriuscita è diventata ancora più consistente. L’analisi del video girato nel primo periodo ha indicato un flusso di circa 56.000 barili al giorno; nel secondo, invece, il flusso sarebbe aumentato a 68.000 barili al giorno. Dopo aver sottratto dal totale gli 804.877 barili raccolti dalla BP, gli studiosi sono arrivati alla stima di 4,4 milioni di barili. “Considerando un margine di errore di circa il 20 per cento – ha commentato Crone – la stima è comparabile, anche se maggiore, all’ultima valutazione rilasciata dal Flow Rate Technical Group designato dal governo (4,1 milioni di barili, ndr)”. Questa stima ufficiale, però, è arrivata dopo un crescendo di smentite sui numeri: in un primo tempo, infatti, la BP aveva parlato di 1.000 barili al giorno, poi diventati 5.000, 12.000, 19.000 e via così. “E’ stata anche la forte pressione da parte dei media e della comunità scientifica a far emergere la necessità di uno studio indipendente”, ha commentato Crone.

I ricercatori hanno inoltre affermato che lo studio sarebbe potuto essere più approfondito, se solo il governo e la BP avessero messo a disposizione un maggior numero di video clip ad alta definizione. Inoltre, poiché le immagini riguardano solo il punto principale della perdita, l’analisi non tiene conto del greggio uscito da altre fratture lungo il tubo. L’insieme di queste osservazioni – ha concluso Crone – ci porta a pensare che il volume della fuoriuscita sia in realtà maggiore rispetto alle nostre stime”.

Dal canto suo, la British Petroleoum ha recentemente pubblicato un’indagine interna sui malfunzionamenti e gli errori che hanno portato al disastro. I risultati sono sintetizzati in otto punti, imputabili alla BP stessa e a due ditte appaltatrici, la Halliburton e la Transocean.

1 – Difetti nella composizione del cemento: il cemento versato nel tubo il giorno prima dell’incidente non ha sigillato il pozzo come avrebbe dovuto.
2 – Malfunzionamento delle valvole all’estremità inferiore del tubo: i dispositivi che avrebbero dovuto bloccare il flusso di petrolio e gas nel caso di fuoriuscita non hanno funzionato.
3 – Errata interpretazione della pressione nel tubo: il personale sulla piattaforma ha sbagliato a interpretare i risultati dei test di pressione.
4 – Ritardo nell’individuazione della falla: 50 minuti prima dell’esplosione si è verificato un forte aumento di pressione, che non è stato interpretato come una perdita.
5 – Malfunzionamento della valvola di protezione: 8 minuti prima dell’esplosione, un mix di fango e gas ha iniziato a riversarsi sulla piattaforma; il personale ha tentato di chiudere la valvola di prevenzione delle fuoriuscite, ma questa non ha funzionato.
6 – Sovraccarico del separatore: il personale avrebbe dovuto deviare il flusso di fango e gas lontano dalla piattaforma; invece, lo ha indirizzato verso un dispositivo pensato per separare piccole quantità di gas e fango. Dato l’enorme flusso, il separatore si è rapidamente ingolfato, riempiendo la piattaforma di gas infiammabili.
7 – Mancato funzionamento dell’allarme: Il sistema di rilevamento avrebbe dovuto avvertire della presenza di gas e bloccare le ventole di areazione così da prevenire l’esplosione.
8 – Batteria scarica: dopo l’esplosione, si sarebbero dovuti attivare due dispositivi automatici in grado di bloccare la fuoriuscita alla base. Uno dei due aveva le batterie scariche, l’altro un interruttore difettoso.

Riferimenti: Science DOI: 10.1126/science.1195840

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1 commento

  1. Nulla di nuovo, la negligenza umana a tutti i livelli causa questi ed altri disastri. Sarebbe sufficiente fare ciascuno il proprio lavoro responsabilmente per ridurre drasticamente questi eventi.
    Sono sconcertato.

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