Aids, il trapianto di midollo non funziona

Le notizie non sono buone per i pazienti affetti da Hiv: il trapianto di midollo non funziona. È quanto emerge dal sesto Workshop internazionale sulla persistenza dell’Hiv durante la terapia, tenutasi a Miami in Florida la settimana scorsa. La notizia, riferisce Nature News, riguarda i due pazienti di Boston che erano stati apparentemente “curati” dall’Hiv in seguito ad un trapianto di midollo osseo presso il Brigham and Women’s Hospital (vedi Galileo: Hiv, il trapianto di midollo cancella il virus in due pazienti). Il virus, che era completamente sparito dal sangue dei due malati per diversi mesi anche dopo aver interrotto i farmaci antiretrovirali, è purtroppo ricomparso, infrangendo in questo modo le speranze dei malati per una “cura” definitiva contro l’Aids.

La storia era cominciata circa quattro anni fa quando due pazienti sieropositivi avevano subìto un trapianto di midollo osseo – il primo nel 2009 e il secondo nel 2010 – per curare il linfoma da cui erano affetti. Dopo l’operazione, entrambi i soggetti avevano continuato ad assumere i farmaci antiretrovirali per tenere a bada l’Hiv. Otto mesi dopo il trapianto non era stata trovata alcuna traccia di virus nel sangue dei due soggetti, per cui nella primavera di quest’anno avevano smesso di prendere gli antiretrovirali.

Il trattamento ricevuto dai due pazienti di Boston era simile a quello ricevuto da Timothy Brown nel 2007. Noto come il “paziente di Berlino”, Brown è il primo individuo sieropositivo definitivamente curato dall’Aids dopo aver essere stato sottoposto a trapianto di midollo osseo a causa di una leucemia che non rispondeva alla chemioterapia. In quel caso, però, si era ipotizzato che la cura dipendesse dal fatto che le cellule staminali trapiantate avevano una rara mutazione nel gene Ccr5, coinvolto nel regolare l’ingresso del virus nelle cellule, che le rendeva resistenti all’infezione. 

Nei due pazienti operati a Boston, invece, le cellule staminali usate erano normali e non contenevano nessuna mutazione. Ciononostante, per diversi mesi il virus non era risultato rilevabile in nessuno dei due. Era questo che aveva spinto Timothy Henrich e Daniel Kuritzkes, i medici che avevano eseguito il trapianto, a ipotizzare, seppur cautamente e in attesa di ulteriori conferme mediche, in una conferenza a luglio che i due pazienti forse erano stati “curati”.

Secondo i due ricercatori, la scomparsa temporanea del virus sarebbe dovuta a un effetto collaterale del trapianto, cioè a una risposta immunitaria chiamata graft-versus-host disease, in cui le cellule trapiantate attaccano il sistema immunitario dell’individuo. Questo avrebbe eliminato tutte le cellule infettate dall’Hiv ed essenzialmente “curato” i pazienti.

Un mese dopo l’annuncio, però, i pazienti hanno avuto una ricaduta dell’infezione. Sono bastate dodici settimane senza antiretrovirali per far riapparire il virus nel primo paziente e 32 settimane nel secondo.

“Entrambi i soggetti hanno ricominciato gli antiretrovirali e stanno bene”, ha rassicurato ora Henrich durante la conferenza. “È chiaro che nel periodo in cui il virus non era rilevabile, era nascosto in qualche parte dell’organismo che è sfuggita ai test usati, il che implica che è necessario sviluppare metodi diagnostici più sensibili e specifici. Tuttavia”, conclude l’autore “sebbene questi risultati dimostrino che il virus sia molto più difficile da eradicare di quanto si pensasse, forniscono informazioni essenziali sia dal punto di vista della ricerca che clinico per lo sviluppo di migliori terapie per trattare questa malattia”.

Credits immagine: NIAID/Flickr 

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