Scuola, la nuova riforma in 12 punti

“Un patto educativo, non l’ennesima riforma”: così il premier Matteo Renzi introduce, su un video pubblicato sul sito passodopopasso, l’attesissima riforma della scuola. Come vi avevamo raccontato, i punti salienti della Giannini-Renzi, stando a quanto annunciato dalla stessa Giannini qualche tempo fa, prevedono 100mila nuove assunzioni nel triennio 2015-2018, l’aggancio dello stipendio degli insegnanti a carriera o merito, la riduzione del precariato, l’aumento dell’orario di insegnamento, una maggiore autonomia per le scuole, la modernizzazione di programmi e competenze, una maggiore alternanza scuola-lavoro per gli istituti professionali e una rivisitazione dell’esame di maturità. Oggi, dopo giorni di anticipazioni, indiscrezioni, desideri e ricostruzioni, il governo ha finalmente rilasciato il rapporto“La buona scuola – Facciamo crescere il Paese” che contiene, in dodici punti, tutti gli impegni e le idee per rinnovare l’istruzione italiana. Ecco il nostro riepilogo.

Mai più precari. Il rapporto prevede “un piano straordinario per assumere 150mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Graduatorie a Esaurimento [Gae]”. Si tratta, spiega il governo, di “graduatorie storiche da cui è previsto che ogni anno venga attinto il 50% di tutti i nuovi doventi da assumere – essendo il restante 50% riservato ai vincitori di concorsi per docenti della suola”, e che, a sette anni dalla chiusura, sono ancora “intasate” da 155mila aspiranti docenti. Per l’anno scolastico 2014-2015, il governo prevede di assumere 15mila unità (circa 7.700 su cattedre ordinarie e 6.700 su posti di sostegno). Il botto, secondo le previsioni del governo, dovrebbe avvenire nell’anno scolastico successivo, con l’assunzione in blocco delle restanti 148.100 persone (quelle che resteranno nelle Gae e i vincitori del concorso del 2012). Un’operazione che costerà circa 3 miliardi di euro, cifra che potrebbe scendere di 300-350 milioni l’anno riducendo efficientemente le supplenze brevi.

Dal 2016 si entra solo per concorso. Smaltite le graduatorie, il governo punta a tornare (o meglio: a entrare per la prima volta) in un regime normale, in cui si accede alla scuola solo per concorso. Secondo le previsioni, saranno assunti “40mila giovani qualificati tra il 2016 e il 2019. Si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzione. Mai più “liste d’attesa” che durano decenni”.

Basta supplenze. Un piano di assunzioni così massiccio dovrebbe auspicabilmente garantire alle scuole “un team stabile di docenti” per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli studenti una continuità didattica fondamentale per la formazione. Se le previsioni fossero giuste, dunque, entro un lustro dovrebbe scomparire la dispendiosa figura del docente supplente.

La scuola fa carriera, qualità, valutazione, merito. Il rapporto prevede anche una serie di adeguamenti sullo stipendio dei docenti: “Ogni 3 anni 2 professori su 3 avranno in busta paga 50 euro netti al mese in più grazie a una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al miglioramento della scuola”, valutati da ogni scuola con dei Rapporti di Autovalutazione stilati a partire dal 2015. 

La scuola si aggiorna: formazione e innovazione. I docenti dovranno seguire una formazione continua obbligatoria, incentrata soprattutto su temi di pedagogia e didattica innovativa (“Per valorizzare i nuovi Don Milani, Montessori e Malaguzzi”, racconta il rapporto). 

Suola di vetro: dati e profili online. Si continua a parlare, ovviamente, di trasparenza: i dati di ogni scuola (budget, valutazione, progetti finanziati) saranno online e pubblicamente accessibili entro il 2015. Sarà inoltre istituito un registro nazionale dei docenti “per aiutare i presidi a migliorare la propria squadra e l’offerta formativa”. 

Sblocca scuola. Il rapporto prevede lo snellimento buracratico del pachiderma dell’istruzione. Nelle intenzioni dei legislatori, presidi, docenti, amministrativi e studenti saranno al lavoro per individuare le cento procedure burocratiche più gravose per la scuola. “Per abolirle tutte”.

La scuola digitale. Tutte le scuole saranno dotate di banda larga e wifi, grazie a piani di coinvestimento. Il governo ha intenzione di adottare la modalità del cosiddetto BYOD (Bring Your Own Device, cioè Porta il tuo dispositivo): “La didattica viene fatta su dispositivi di proprietà degli studenti, e le istituzioni intervengono solo per fornirle a chi non se lo può permettere”.

Cultura in corpore sano. Il piano prevede di aumentare le ore di musica ed educazione fisica nella scuola primaria e di storia dell’arte nella scuola secondaria.

Le nuove alfabetizzazioni. Insegnamento della lingua inglese a partire dai 6 anni, di coding e pensiero computazionale nella scuola primaria, dei principi dell’economia nella secondaria. Un piano che ricorda molto, nelle intenzioni e negli slogan, le famose tre i(Internet, inglese, impresa) del fu governo Berlusconi.

Fondata sul lavoro. Negli istituti tecnici e professionali sarà intensificata l’alternanza scuola-lavoro, per un totale di circa 200 ore l’anno, offrendo stage, tirocini e apprendistati sperimentali.

La scuola per tutti, tutti per la scuola. Per fare tutto questo (ma anche la metà di tutto questo), serviranno soldi. Parecchi. Il governo prevede di “attirare risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese) attraverso incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche”. Accuratamente evitata la parola “tasse”. Staremo a vedere.

Credits immagine: julipan/Flickr

Via: Wired.it

1 commento

  1. Sono un’ insegnante in pensione di lingua e letteratura inglese presso i licei statali e a tutt’oggi insegno agli adulti nell’Università Popolare della mia città.Entrata di ruolo nel 1978 in seguito a concorso a cattedre, ho insegnato ininterrottamente per 40 anni.
    Ho sempre pensato che l’insegnamento sia il mestiere più bello del mondo. Se lo svolgi bene e con impegno dà un sacco di soddisfazioni. E’ bello incontrare studenti che dopo tanti anni ti salutano entusiasti dicendo che sei stata un’insegnante “competente, appassionata e umana”!
    Tuttavia, ho sempre sofferto del fatto che gli insegnanti siano “tutti nello stesso calderone”, soggetti alle critiche di tutti e tutti scarsamente gratificati a livello economico, indipendentemente dall’impegno profuso.
    Ho due osservazioni da fare:
    1) Non sono d’accordo con l’aumento delle ore curriculari.
    Aumentare le ore “frontali” significa rendere impossibile agli
    insegnanti seguire individualmente il percorso dei propri studenti.
    La mia cattedra comportava tutti gli anni cinque classi, dalla prima alla quinta, quindi un numero di circa 125/130 studenti l’anno.
    Seguirli tutti a livello educativo e formativo mi impegnava non solo durante le lezioni, ma anche tutti i pomeriggi e le sere a casa, inclusi sabato e domenica. La preparazione delle lezioni e di materiale didattico (spesso nella forma di dispense), di compiti in classe, di compiti di recupero per gli eventuali assenti, la correzione dei compiti riempivano le mie giornate.
    Senza contare i consigli di classe, le riunioni di dipartimento, i collegi docenti, i colloqui con i genitori. Uscivi da scuola sfinito per riprendere il lavoro a casa. ! Altro che timbrare il cartellino!
    Negli ultimo anni poi sembra aumentato in modo consistente il numero di studenti con problemi di apprendimento (ad esempio la dislessia) e naturalmente gli insegnanti sono tenuti a prepararsi anche su questo argomento per far fronte alle esigenze di studenti e genitori.
    Personalmente, organizzavo anche viaggi-studio all’estero, tenevo corsi di recupero, di preparazione alla certificazione internazionale Pet e letture teatrali in altre classi (avendo avuto anche una formazione attoriale).
    La laringite cronica e problemi alla vista sono da sempre le malattie professionali degli insegnanti perché insegnare è un lavoro usurante eccome! Smettiamola di pensare che sia un lavoro part time!
    2) Ben venga la meritocrazia, sebbene sia difficile valutare la qualità di un insegnante (ritengo che solo gli studenti siano in grado di valutare davvero i loro docenti e, qualche volta, i commissari esterni degli esami di maturità).
    Tuttavia ci si può basare su criteri oggettivi: quantità e qualità del materiale didattico elaborato, numero di compiti in classe corretti durante l’anno, organizzazione di corsi e iniziative extra curriculari (ad esempio corsi di italiano per stranieri, corsi di approfondimento per i maturandi, corsi di informatica per i conferimento di un diploma in questo settore, corsi Pet e First per le lingue straniere, “giornate linguistiche” e “scientifiche”). Ci sono tante iniziative di cui nessuno parla, che nessuno conosce, e che succhiano le energie dell’insegnante.
    Il quale sceglie il più delle volte di non scioperare, non solo perché sa che il suo sciopero ha scarso valore contrattuale, ma soprattutto perché non vuole che i suoi ragazzi “perdano la lezione e rimangano indietro col programma”!
    Ho finito, e spero di non avere annoiato!
    Cordiali saluti,
    Ornella Pozzi

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