Narcisisti? Rischiate la dipendenza dai “like”

(Foto: Library NaUkma /Flickr CC)
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Un selfie con lo sguardo giusto: quello ammiccante. Oppure foto di aperitivi, l’ennesimo paesaggio, concerti, video e commenti sugli eventi del giorno. Ma guai se ciò che viene “postato” non raggiunge il numero di like sperato, perché per i narcisisti potrebbe essere una vera e propria tragedia. Sono loro infatti, i narcisisti, le persone più a rischio di trasformare i social network in un’auntica dipendenza. Ma non tutti: secondo uno studio dell’Università di Firenze, apparso sulla rivista Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, esistono due diversi tipi di narcisisti, uno più sicuro di sé che predilige i rapporti faccia a faccia, e uno insicuro, più a rischio di trasformare i social in una vera ossessione.

Lo studio, condotto da Silvia Casale, Giulia Fioravanti e Laura Rugai, ha preso in esame un campione di 535 studenti che hanno compilato un questionario per valutare la relazione tra propensione al narcisismo e l’utilizzo di internet. Dai risultati è emerso che i narcisisti “vulnerabili”, ovvero coloro che sono più insicuri e con poca autostima, sono quelli che tendono a preferire le relazioni sociali attraverso lo schermo piuttosto che faccia a faccia, e corrono il rischio di diventarne dipendenti. Invece, i narcisisti “megalomani”, cioè che tendono all’esibizionismo ma non temono il contatto con la realtà, vanno a caccia di ammirazione e consensi, ma sono meno dipendenti dai social network.

Una distinzione, assicurano gli esperti, che può aiutare a individuare precocemente la nascita di problemi psicologici, come depressione o dipendenza. “Le interazioni online tendono a influenzare indirettamente l’autostima delle persone”, ricorda Brenda K. Wiederhold, editor in chief della rivista Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking e ricercatrice dell’Interactive Media Institute di San Diego. “Per questo, è importante monitorare la presenza di comorbidità come la depressione in tutti i casi di utilizzo problematico della rete”.

Riferimenti: Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking doi:10.1089/cyber.2016.0189

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