La sanità italiana è tra le 12 migliori al mondo

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(Foto via Pixabay)

La qualità dell’assistenza sanitaria è migliorata in tutto il mondo dal 1990 al 2015. A riferirlo su Lancet è un team internazionale di ricercatori, che ha analizzato in 195 Paesi di tutto il mondo i tassi di mortalità per 32 malattie, tra cui tubercolosi, malattie che possono essere prevenute con vaccini (difterite, tosse, tetano e morbillo) e malattie cardiache. Tutte patologie che attualmente non vengono considerate mortali, ma anzi che potrebbero essere evitate con cure mediche adeguate ed efficaci. Il team di esperti ha così riassunto questi dati, del Global Burden of Disease (Gbd), con un numero su una scala da zero a cento, chiamata Healthcare Access and Quality Index, indicando e classificando in questo modo la qualità sanitaria dei Paesi in tutto il mondo.

Dalla classifica è emerso che complessivamente in tutti i Paesi la qualità dell’assistenza sanitaria è migliorata dal 1990: delle 195 nazioni, 167 hanno infatti registrato aumenti significativi nella qualità di assistenza.

I paesi in cima alla classifica e quindi con i migliori sistemi sanitari sono risultati essere l’Australia, con 90 punti e gran parte di quelli dell’Europa occidentale, tra cui la prima classificata Andorra (95), seguita da Svizzera (92), Norvegia (90), Finlandia (90), Spagna (90), Olanda (90) e Lussemburgo (89). Mentre Pakistan (43), Afghanistan (32), Papua Nuova Guinea (39) e alcuni Paesi africani sono risultati in fondo alla classifica, con la Repubblica Centrafricana posizionata all’ultimo posto (29).

L’Italia si è posizionata al 12esimo posto, condividendo l’Healthcare Access and Quality Index con il Lussemburgo e il Giappone: secondo il punteggio per ogni singola malattia, il nostro paese risulta eccellere per la cura della difteria, morbillo, disturbi legati alla maternità, e invece essere meno qualificata su malattie come la leucemia e il linfoma di Hodgkin.

Inoltre, come fanno notare gli autori, il divario crescente tra i paesi con i punteggi più alti e più bassi suggerisce che le disuguaglianze sanitarie dovute al livello di sviluppo economico potrebbero essere in aumento. “Nonostante i miglioramenti generali della qualità sanitaria da oltre 25 anni, la disuguaglianza tra i paesi migliori e peggiori è cresciuta”, ha dichiarato Christopher Murray, autore dello studio e direttore dell’Institute for Health Metrics and Evaluation presso l’Università di Washington. “Inoltre, lo standard dell’assistenza primaria è più basso in molte nazioni rispetto ai livelli previsti di reddito e di sviluppo”.

Infatti, i paesi al di sotto delle aspettative sono risultati essere in Asia (Indonesia, Filippine e India) e in Africa (Botswana e Sud Africa), tutte nazioni che teoricamente avrebbero avuto maggiori possibilità di miglioramento. Mentre i Paesi con sistemi sanitari sotto-performanti rispetto alla loro disponibilità economica sono stati Oceania, Caraibi e Asia centrale. Tra le nazioni ad alto reddito, la peggiore in questa categoria sono stati gli Stati Uniti, con 81 punti condivisi insieme all’Estonia e al Montenegro. In Europa, infine, la Gran Bretagna si è classificata al di sotto dei livelli previsti, con 85 punti. “Il Regno Unito è eccellente in alcune aree, tra cui le malattie cerebrovascolari”, spiega il coautore Marin McKee, della London School of Hygiene and Tropical Medicine. “Ma è indietro sui risultati di alcuni tumori”.

Via: Wired.it

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