Vecchia, improduttiva e più povera: ecco l’Unione Europea senza immigrati

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“Gli immigrati ci rubano il lavoro, affollano le nostre città, pesano sul welfare e sono la causa dell’impoverimento della nostra economia”. Sembra essere questa la visione dominante in Europa, causa della diffusione dei sentimenti anti-migratori spesso sostenuti da proposte politiche di controllo e restrizione degli accessi. Ma cosa potrebbe accadere se i flussi migratori si interrompessero davvero? Mentre la polemica tra il presidente dell’INPS Tito Boeri e il ministro dell’Interno Matteo Salvini su immigrati e pensioni riaccende il dibattito interno sull’impatto economico dei fenomeni migratori in Europa, un rapporto pubblicato l’8 giugno 2018 dalla Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea analizza le conseguenze a lungo termine di un’Europa senza migrazioni.

Lo studio, che presenta delle limitazioni dovute alla difficoltà di tener conto di fattori quali le interazioni con il sistema previdenziale e i flussi migratori non rilevati dalle statistiche ufficiali, si colloca nel contesto di una crescente attenzione verso proiezioni economiche che tengano in considerazione gli effetti dei fenomeni migratori. Ad esempio per l’Italia sono state pubblicate proprio in questi giorni le proiezioni di medio-lungo periodo della spesa pensionistica dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio secondo le quali i livelli più alti dell’incidenza della spesa per pensioni sul prodotto interno lordo (PIL) italiano non derivano solo dagli effetti della crisi macroeconomica, ma anche da un peggioramento del quadro demografico dovuto anche a una diminuzione dei flussi migratori.

Tornando allo studio della Commissione Europea, i due autori, Ignazio Mongelli e Juan-Carlos Ciscar, hanno elaborato diversi scenari di crescita demografica ed economica nei 28 Stati membri dell’Unione Europea, ipotizzando la totale assenza di immigrazione da qui al 2060. Per la crescita demografica hanno utilizzato le proiezioni Eurostat, che tuttavia – è bene sottolinearlo – tengono conto dei soli flussi migratori regolarmente rilevati dalle statistiche ufficiali. Per la crescita economica hanno utilizzato il modello econometrico MaGE. Questo modello considera l’impatto dell’immigrazione sia sulla disponibilità di manodopera che sulla struttura per età della popolazione, che a sua volta influenza i risparmi e gli investimenti interni. Gli effetti dell’immigrazione sulla crescita economica a lungo termine sono calcolati tenendo conto di quattro meccanismi, esemplificati nell’infografica sottostante.

Lo schema rappresenta i meccanismi presi in considerazione per valutare l’impatto dell’assenza di flussi migratori in ingresso nell’Unione Europea sull’economia. Lo scenario di immigrazione zero porterebbe a una differenza di PIL di 47 mila miliardi di dollari in meno nel 2060 rispetto allo scenario con migranti.

In primo luogo i flussi migratori impattano sulla popolazione in età lavorativa e sull’offerta di forza lavoro, con conseguenze dirette sulla produzione (PIL). In secondo luogo, un calo di produzione dovuto alla minore disponibilità di manodopera comporta una proporzionale riduzione degli investimenti, una riduzione del capitale e, nuovamente, una produzione inferiore nel periodo successivo, in un ciclo di decrescita progressiva. Il terzo meccanismo riguarda i risparmi: senza l’apporto dei flussi migratori, l’invecchiamento della popolazione riduce i risparmi acuendo l’effetto complessivo sul capitale sociale e quindi sulla produzione totale. Nell’ultimo meccanismo preso in considerazione un tale cambiamento demografico strutturale, non solo per età ma anche in termini di quota di popolazione non qualificata, incide sulla produttività e quindi nuovamente sul PIL.

I dati Eurostat mostrano che l’immigrazione è essenziale per la popolazione europea. Se immaginiamo di poter fotografare l’Unione Europea nel 2060 nei due diversi scenari con e senza immigrazione, vediamo che nell’UE senza immigrazione vivrebbero 75 milioni di persone in meno. Andando nel dettaglio, si osserva che la differenza principale riguarda la popolazione attiva, ovvero le persone tra i 15 e i 64 anni che contribuiscono alla ricchezza di un paese lavorando e producendo reddito. Un’ipotetica UE senza immigrazione sarebbe privata di circa 58 milioni di lavoratori. Per quanto riguarda l’Italia, un 2060 senza immigrati significherebbe 12 milioni di abitanti in meno. Al pari di quanto avviene a livello europeo, più di due terzi di questi sarebbero in età lavorativa. Tuttavia, se confrontiamo la sola numerosità della popolazione in fascia attiva nei due scenari per il 2060, osserviamo che l’Italia avrebbe una riduzione di quasi un terzo (il 31%) rispetto a quanto accadrebbe con la presenza di immigrati, mentre a livello UE la differenza, seppur consistente, sarebbe meno marcata (20%). La situazione demografica per l’Italia sarebbe ancora più critica quindi, soprattutto se si considera che che secondo le proiezioni Eurostat, anche in presenza di flussi di immigrazione, la popolazione italiana è destinata comunque a diminuire di circa il 5% rispetto al 2013, anno di riferimento per le proiezioni.

Gli effetti negativi dell’assenza di immigrazione sulla popolazione, e in particolar modo sulla popolazione attiva, si riflettono sulla crescita economica dell’Unione Europea. Nel 2060, in assenza di immigrati, l’Unione Europea avrà un PIL del 23% inferiore rispetto a quanto accadrebbe se vi fossero immigrati, una differenza pari a circa 7 mila miliardi di dollari, con una perdita complessiva dal 2013 al 2060 di addirittura 47 mila miliardi di dollari. Anche in questo caso nel nostro paese la differenza è ancora più marcata: nell’Italia del 2060, l’assenza di immigrati causerà una perdita di PIL di 1,5 mila miliardi di dollari, il 33% in meno rispetto allo scenario con immigrazione.

Contrariamente a quanto si pensa, poi, il grado di istruzione dei migranti non ha un impatto significativo su questi scenari. Anche supponendo che gli immigrati abbiano un grado di istruzione inferiore rispetto ai livelli medi della popolazione, la diminuzione del PIL sarebbe solo del 3% rispetto allo scenario che prevede gli stessi livelli di qualificazione per popolazione immigrata e non. Questo significa che, indipendentemente dal loro grado di istruzione, i migranti portano comunque vantaggi economici ai paesi di destinazione.

Articolo prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara in collaborazione con dataninja

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