600 milioni contro la CO2

La lotta ai cambiamenti climatici parte dal basso. Dai Comuni. In Italia sono sempre più numerosi, oltre 1.600, quelli che si sono impegnati a ridurre del 20 per cento e oltre le proprie emissioni di gas serra di fronte a tutta l’Unione europea, aderendo al Patto dei sindacil’iniziativa promossa nel 2008 dalla Commissione europea. Ci sono Genova, Torino, Roma, ma anche le realtà più piccole come Bracciano, Forlì, Lecce, Chieti. Una scelta quanto mai necessaria, soprattutto se si pensa che la maggior parte dell’energia in Europa viene consumata proprio dalle città. Se ne è discusso al convegno “Il patto dei sindaci dopo Durban. La lotta al cambiamento climatico tra accordi globali e azione locale”, durante il quale il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ha annunciato l’entrata in funzione da marzo del Fondo rotativo per Kyoto: 600 milioni di euro con un tasso dello 0,5 per cento a disposizione delle piccole e medie imprese e degli enti pubblici e privati per tagliare le emissioni di CO2. 

In base alla situazione attuale, l’Unione europea è chiamata a ridurre le emissioni, rispetto al 1990, dell’80 per cento entro il 2050, del 40 entro il 2030 e del 60 entro il 2040. Per riuscirci dovrà ridurre i consumi energetici in tutti i settori e fare ampio ricorso alle fonti rinnovabili e alle reti intelligenti. “Le drastiche riduzioni previste per i prossimi decenni non potranno essere attuate, però, se gli enti locali non diventeranno protagonisti”, ha spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, che ha organizzato il convegno. “Circa l’80 per cento delle emissioni di gas serra, infatti, sono riconducibili ad attività svolte in ambito urbano”.

Da quando è stato istituito, il Patto ha riscosso molto successo, soprattutto nella nostra penisola. Degli oltre 3.000 comuni europei che vi hanno aderito, più di 1.600 sono italiani, per lo più con meno di 50 mila abitanti. Pochi rispetto al totale delle nostre municipalità, che sono 8.000, ma sufficienti per segnare un primato nella partecipazione. La Spagna è seconda, con poco meno di 1.000 comuni aderenti, seguita dalla Francia con 140. Sono 293 gli enti locali che hanno già presentato il loro Piano d’azione per l’energia sostenibile (Paes) – il programma elle azioni da intraprendere, e alcuni di loro hanno lo hanno presentato nel corso del convegno. 

La Provincia di Roma, che ha aderito come struttura di supporto nel 2009,  per esempio, nel suo Paes prevede la riduzione dei consumi di calore e di energia elettrica nel patrimonio edilizio della Provincia, soprattutto nelle scuole, con la certificazione energetica e l’efficientamento e con la sensibilizzazione dei dipendenti; la mobilità sostenibile con il raddoppio del trasporto ferroviario da 350 mila a 600 mila passeggeri al giorno e le agevolazioni per l’uso dei mezzi pubblici; la minimizzazione dell’impatto ambientale della gestione dei rifiuti con la raccolta domiciliare per tutti i comuni della provincia. Inoltre, la provincia promuove l’efficienza energetica nel settore residenziale-terziario con finanziamenti indiretti e altri incentivi per ristrutturazioni e uso del fotovoltaico con lo “Sportello provinciale energie rinnovabili e risparmio energetico”, grazie al quale ha rilasciato autorizzazioni per una potenza complessiva di 53 MWp, e ne stanno per essere rilasciate altre per 1.117 MWp. 

Un modello virtuoso è poi quello della Provincia di Teramo che con i fondi della Regione Abruzzo ha appaltato la realizzazione di 13 impianti fotovoltaici e di otto interventi di miglioramento dell’efficienza energetica nelle scuole per circa 3,5 milioni di euro. Torino, invece, è  impegnata con il Turin action plan for Energy – Tape, che contiene 51 azioni attuate o in corso fino al 2020 nei settori trasporti, edilizia e terziario e industria, e che costituisce anche la base per la piattaforma Torino Smart City. Nello specifico, con teleriscaldamento, mobilità e riqualificazione energetica degli edifici, la città è riuscita a ridurre i propri gas serra abbassando anche le spese: in base alle tariffe 2010 di energia elettrica, termica e dei combustibili fossili la bolletta energetica del 1991 era pari a oltre 2 miliardi di euro, con le azioni di risparmio contenute nel Piano è scesa a poco a un miliardo e 600 milioni, con una spesa minore di 800 milioni di euro all’anno. Genova infine, sta tentando di ridurre del 23 per cento le proprie emissioni di CO2. Grazie con il monitoraggio costante dei consumi energetici degli edifici e con interventi mirati nel settore dei trasporti, nell’edilizia, nell’illuminazione pubblica e con il ricorso alle tecnologie verdi e smart grid.

Numerose le criticità , come l’accesso ai finanziamenti, la semplificazione dei bandi, l’ampliamento del focus di azione, l’assenza di altri target oltre al taglio delle emissioni. Tuttavia il Patto dei sindaci deve crescere ed essere implementato, non solo per attivare nuove politiche energetiche locali ma anche per sviluppare la green economy. Infatti, secondo lo studio “A new growth path for Europe”, pubblicato dal ministero dell’Ambiente tedesco e illustrato nel convegno, aumentare la riduzione di CO2 dal 20 al 30 per cento fa bene all’economia: si traduce in una crescita del Pil europeo dello 0,6 per cento, nella diminuzione della disoccupazione del 2,3 per cento e in un aumento degli investimenti del 29,2 per cento. Per quanto riguarda l’Italia, invece, tagliare del 30 per cento la CO2 significherebbe +0,6 per cento del Pil, meno 2,6 per cento di disoccupazione e un aumento degli investimento del 35,9 per cento. 

Credit immagine:  click/MorgueFile

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