Salvano vite e prevengono malattie. E già questo dovrebbe bastare al sistema sanitario per continuare a investire sui vaccini. A dimostrare il loro valore anche sul piano economico arriva oggi una ricerca che mostra come i loro benefici possono influenzare l’economia di un intero paese, alleggerendo considerevolmente la spesa sanitaria. A raccontarlo, sul nuovo numero di Health Affairs, sono i ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, secondo cui per ogni dollaro speso in vaccini se ne possono risparmiare 16 se si considera solo la malattia evitata grazie all’immunizzazione e ben 44 se la valutazione viene fatta su scala più ampia.
Per valutare i potenziali vantaggi economici dei vaccini, i ricercatori hanno calcolato il risparmio dei costi associati alle malattie, ossia le mancate cure, ricoveri, e il calo di produttività dei singoli pazienti. Il risparmio, in questo caso, è stato di 16 dollari per ogni dollaro speso. In un’analisi separata, che ha tenuto conto dell’intero reddito del paese e dell’impatto economico delle vaccinazioni su ampia scala, il risparmio è salito fino a 44 dollari per ogni dollaro sborsato.
“I vaccini sono un ottimo investimento”, spiega Sachiko Ozawa, del Department of International Health della Bloomberg School. “Ma per cogliere i potenziali benefici economici, i governi e le associazioni devono continuare a investire per renderli più accessibili”.
Per giungere a questa conclusione gli economisti hanno analizzato i programmi di vaccinazione in 94 paesi a medio e basso reddito, validi dal 2011 al 2020. La stima del costo totale per far vaccinare la popolazione di tutti questi paesi è di 34 miliardi di dollari: un investimento più che vantaggioso, visto che se ne risparmiano ben 586 se si prende in considerazione la prima analisi, ovvero quella basata solamente sui costi della malattia, e circa 1.53miliardi di dollari per l’analisi più ampia.
Lo studio ha valutato in particolare dieci vaccini: Haemophilus influenzae di tipo b, l’epatite B, papillomavirus umano, l’encefalite giapponese, il morbillo, meningococco di gruppo A (Neisseria meningitis A), il rotavirus, la rosolia, lo Streptococcus pneumoniae e la febbre gialla. “I nostri risultati dovrebbero incoraggiare le associazioni e i governi a proseguire negli investimenti finanziari per programmi di vaccinazione. Ma dobbiamo tenere a mente che si tratta di stime che considerano le vaccinazioni in continua espansione e miglioramento”, conclude Ozawa.
Riferimenti: Health Affairs doi: 10.1377/hlthaff.2015.1086
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