Crateri e criovulcani su Cerere

cerere
(Credit: NASA/JPL -Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA)
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(Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA)

Lanciata nel 2007, la sonda Dawn si appresta a celebrare il suo nono compleanno nello Spazio: in questi anni ha raggiunto la fascia degli asteroidi ed è stata la prima sonda ad orbitare Vesta, il secondo oggetto più grande presente nella fascia degli asteroidi, prima di passare a concentrare la sua attenzione su Cerere. I dati raccolti da Dawn sono stati analizzati da gruppi di ricerca sparsi tutto il mondo, che hanno pubblicato ora i risultati ottenuti su Science, in sei diversi studi che, per la prima volta, forniscono una conoscenza approfondita del pianeta nano.

Nonostante il vulcanismo sia un fenomeno assai diffuso sui pianeti rocciosi della parte centrale del Sistema solare, esso tende a presentarsi, nelle fredde regioni più esterne, sotto forma di criovulcani, speciali vulcani che, al posto della lava, eruttano acqua, ammoniaca e composti del metano. Tuttavia, fino ad ora, è risultato particolarmente difficile individuare con certezza strutture di questo tipo. Ottaviano Ruesch e i suoi colleghi del NASA Goddard Space Flight Center hanno utilizzato i dati di imaging raccolti da Dawn per mostrare la possibile presenza di una formazione criovulcanica su Cerere, chiamata dai ricercatori Ahuna Mons. Si tratta di una montagna con forma simile a quella di una cupola, una base ellittica e una punta concava, e secondo gli scienziati potrebbe trattarsi di una struttura criovulcanica. L’età del rilievo, calcolata applicando dei modelli ai dati ottenuti da Dawn, sembra infatti indicare una formazione successiva a quella dei crateri che lo circondano. Secondo il team, questo renderebbe plausibile un’origine criovulcanica, dato che al momento non ci sono prove di fenomeni tettonici o erosivi in azione su Cerere.

Nel secondo studio, Jean-Philippe Combe e il suo team si sono invece occupati di studiare la presenza di acqua ghiacciata sulla superficie del pianeta nano. Diverse teorie hanno infatti già ipotizzato che il mantello dell’asteroide sia ricco di acqua e ghiaccio, ma nonostante siano stati osservate emissioni di vapore acqueo, non è ancora stata trovata H2O liquida su Cerere. Grazie allo spettrometro presente a bordo di Dawn, che opera nelle lunghezze d’onda del visibile e dell’infrarosso, i ricercatori hanno potuto analizzare ripetutamente una zona altamente riflettente in un cratere chiamato Oxo. I dati ottenuti hanno mostrato la presenza di materiali contenenti acqua, molto probabilmente acqua ghiacciata, anche se si potrebbe trattare di minerali idrati, ovvero contenenti acqua nella loro struttura cristallina. Gli scienziati credono che si tratti di una nuova formazione, possibilmente causata dall’esposizione di materiali ricchi di H2O fatti emergere in superficie da un impatto o una frana.

Dalla superficie di Cerere alla sua (possibile) atmosfera: Christopher Russell e i suoi colleghi dell’University College London si sono occupati di discutere l’inaspettata interazione tra il pianeta nano e il vento solare: Dawn ha infatti osservato un fenomeno di bow shock, che solitamente avviene quando il vento solare entra a contatto con il campo magnetico di un oggetto celeste. Grazie al Gamma Ray and Neutron Detector di Dawn, gli autori hanno fornito due possibili spiegazioni di questo fenomeno. Nel primo caso, Cerere possiederebbe una debole atmosfera, ionizzata dalle particelle energetiche presenti nel vento solare, in grado di deflettere il vento solare. L’altra spiegazione, meno plausibile, è che l’interno del pianeta, ricco di sali, darebbe a origine a una corrente elettrica in grado di generare un campo magnetico, che a sua volta devierebbe il vento solare, originando il bow shock.

Harald Hiesinger e il suo team della Wilhelms-Universität di Münster hanno invece utilizzato la Framing Camera a bordo di Dawn per studiare i crateri di Cerere. Secondo alcuni modelli termochimici, infatti, il pianeta nano dovrebbe presentare una crosta ricca di ghiaccio e pochissimi crateri. Tuttavia, la sonda ha mostrato una superficie ricca di crateri, distribuiti in modo eterogeneo, oltre che a un’apparente mancanza di crateri di grandi dimensioni. Molto di questi crateri presentano forme poligonali, terrazze, accumuli, depositi e deformazione di sedimenti. La morfologia di queste strutture e la distribuzione dei loro diametri sembra indicare quindi che la crosta dell’asteroide non sarebbe composta solamente da ghiaccio né da rocce, ma da un misto dei due. Il numero di crateri e la loro profondità hanno anche permesso ai ricercatori di datare varie regioni della superficie dell’asteroide, che variano tra i 550 e i 720 milioni di anni.

Ma l’analisi dei crateri di Cerere non si ferma qui: in un altro studio, Debra Buczkowski e i suoi colleghi hanno studiato a loro volta le diverse formazioni che si possono osservare su Cerere, tra cui crateri, cupole e strutture che presentano lobi o forme lineari. Alcune di questi elementi sembrano essere stati formati da impatti, ma gli autori non escludono altre cause, come ad esempio i processi criovulcanici e l’eruzione di criomagma.

Infine, un ultimo studio, condotto da Eleonora Ammannito della University of California, si occupa di analizzare la diffusione dei minerali fillosilicati di Cerere, che contengono magnesio e ammonio. Grazie allo spettrometro equipaggiato su Dawn, gli autori hanno mappato la distribuzione spaziale di questi minerali sul pianeta nano, e si sono accorti che questa sembra essere uniforme sulla sua superficie, ma che le loro abbondanze variano da regione a regione. Dato che questi minerali hanno bisogno di acqua per formarsi, i ricercatori hanno ipotizzato che questi minerali si siano originati all’interno della crosta, e che siano in seguito stati spinti in superficie dagli impatti avvenuti sulla superficie di Cerere.

Riferimenti: Science

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