Salute

Facebook non allunga la vita

(Immagine: Pixabay)

Usare Facebook fa bene o fa male? Domanda complessa, cui la scienza ha appena cercato di trovare una parziale risposta: uno studio su 12 milioni di utenti attivi sul social network sembra suggerire, infatti, che l’uso di Facebook sia associato a una speranza di vita più lunga. Le conclusioni di questa ricerca però, non sono affatto semplici e scontate. Gli autori del lavoro, William Hobbs e James Fowler dell’Università della California, San Diego, tengono infatti a precisare che “si tratta di uno studio di correlazione che non implica alcun rapporto di causa-effetto”. In altre parole: Facebook, di per sé, non allunga la vita (ovviamente), ma è uno strumento che può consolidare e migliorare le relazioni sociali degli utenti nel “mondo reale”, il che può effettivamente aumentare qualità e aspettativa di vita.

La ricerca, pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences in collaborazione con Facebook e l’Università di Yale, conferma quello che gli scienziati già sapevano da tempo sull’effetto delle interazioni sociali al di fuori del web: chi ha numerosi rapporti di amicizia nel corso della sua vita di solito tende a vivere più a lungo di chi ne ha pochi.

“La correlazione tra longevità e interazioni sociali è stata identificata da Lisa Berkman nel 1979 ed è stata dimostrata centinaia di altre volte sin da allora” racconta Fowler. “Inoltre, una recente meta-analisi che raccoglie tutti questi studi, suggerisce che l’associazione può essere anche molto forte.

Per fare un confronto, le interazioni sociali sembrano essere predittive della speranza di vita di una persona almeno quanto lo sono i rischi per chi fuma, e sono addirittura più predittive e attendibili del rischio proveniente dall’obesità o dall’inattività fisica. Noi abbiamo semplicemente aggiunto un tassello a tutte queste ricerche, mostrando che anche le relazioni sui social network sono in qualche modo associate alla longevità”.

Per effettuare lo studio i ricercatori hanno incrociato i dati degli utenti di Facebook della California con quelli del Dipartimento di salute pubblica dello stato. In seguito hanno analizzato l’attività online degli utenti nell’arco di sei mesi, comparandola tra l’attività di chi era ancora in vita e quella di chi era già deceduto. Dai primi risultati è emerso che l’utente medio di Facebook sembra avere il 12% di possibilità in meno di morire di chi non usa il social network, ma, come sottolineano gli stessi autori, si tratta di un dato grezzo, e probabilmente è dovuto a differenze sociali ed economiche tra chi usa e non usa Facebook.

Gli elementi analizzati su Facebook riguardano il numero di foto postate, gli aggiornamenti dello status, la quantità di messaggi lasciati sul proprio “muro” e quelli scritti sui diari degli amici. Il tutto incrociato con età, genere, permanenza sul social e uso dello smartphone. In particolare, lo studio più approfondito di questi dati ha rivelato che in realtà sono solo gli utenti di Facebook con i più alti livelli di interazione sociale nel mondo esterno ad avere una speranza di vita maggiore degli altri. I rapporti coltivati solo online invece hanno mostrato una correlazione non lineare, discontinua.

“Interagire sui social network è salutare quando l’attività online risulta moderata e integrata con un’attività, per così dire, offline” spiega Hobbes. “All’estremo opposto invece, se si spende troppo tempo connessi e si interagisce poco con gli altri al di fuori dei social, l’associazione diventa di tipo negativo. Solo un uso equilibrato di Facebook, quindi, sembra essere correlato a una maggiore longevità”.

Via: Wired.it

Mattia Maccarone

Una vocazione scientifica e una specializzazione in Neurobiologia. Fa ricerca nei laboratori del CNR con gli allievi di Rita Levi Montalcini e poi approda al Master SGP della Sapienza e alla redazione di Galileo. Collabora con Le Scienze e Mente&Cervello.

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