Come affrontare il tumore del colon retto

“Tutti possiamo diventare pazienti a un certo punto della vita: non possiamo quindi permetterci di essere disinformati, pensare che non ci riguardi. A maggior ragione per una patologia come il cancro al colon retto che è molto diffusa, ma di cui c’è molta poca consapevolezza, anche a causa della parte del corpo interessata, una parte di cui nessuno ha voglia di parlare”. Jolanda Gore-Booth è una donna energica, che da 20 anni si batte per i diritti dei pazienti colpiti da questo tumore. Nel 2004 ha fondato EuropaColon, l’unica associazione di pazienti europea ad occuparsi della malattia, di cui è presidente. Jolanda oggi è in Italia a presentare l’opuscolo “Affrontare il tumore del colon retto” realizzato, grazie al contributo di Amgen, dalla sua associazione e da “Insieme contro il cancro”, l’associazione che mette insieme clinici e malati oncologici.

Il tumore del colon-retto rappresenta uno dei big killer in tutto il mondo. Nel nostro paese è la terza neoplasia più frequente nei maschi e la seconda nelle femmine. Oggi in Italia vivono quasi 300mila persone con una precedente diagnosi di questa malattia. “È in costante aumento soprattutto a causa del permanere di stili di vita scorretti, in particolare legati alla scarsa attività fisica e alla dieta non equilibrata”, ha spiegato Carmine Pinto, direttore oncologia medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e presidente eletto AIOM. “Il cancro del colon è direttamente associato ad un’alimentazione ad alto contenuto calorico, ricca di grassi animali, di carni rosse e povera di fibre. È dimostrato un incremento di rischio del 15% nelle persone in sovrappeso e del 33% negli obesi”.

“La buona notizia è che oggi, contrariamente a quanto avveniva anche solo pochi anni fa, sei persone su dieci riescono a sconfiggere la malattia, grazie anche a terapie mirate e personalizzate”, ha aggiunto Francesco Cognetti, presidente della Fondazione “Insieme contro il cancro”. A far fare un passo avanti in termini di efficacia e di risparmio per il sistema sanitario nazionale sono stati i test per alcune specifiche mutazioni genetiche. “Grazie al test per il gene RAS riusciamo a capire quali pazienti potranno realmente beneficiare di alcuni trattamenti, evitando così di somministrare sostanze tossiche e non attive sul tumore alle persone che hanno delle mutazioni”, ha sottolineato Pinto. Il test per le mutazioni genetiche di RAS si deve eseguire solo nel caso di tumore metastatico e permette di individuare quel 45% di popolazione malata che non ha mutazioni (wild type) e che quindi può essere trattata con gli inibitori del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR). “I pazienti devono sapere che esiste questa possibilità terapeutica e chiedere al loro medico di eseguire il test”, va avanti Gore-Booth. Per questo l’associazione europea ha chiesto ad alcuni pazienti di elaborare un testo esplicativo proprio su questo argomento: “Helping you understand the importance of Predictive RAS Biomarkers in Colorectal Cancer Treatment”.

In Italia il programma di screening prevede l’esame della ricerca del sangue occulto nelle feci ogni 24 mesi per i cittadini fra i 50 e i 74 anni, ma i dati ci dicono che il 65,9% degli italiani over 50 non ha mai svolto il test. Ecco perché il 20% di chi arriva alla diagnosi ha già la malattia a uno stadio avanzato.

 

 

 

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