A me la proteina

Nella corsa alla decifrazione del genoma umano appare un nuovo concorrente: la società Athersys di Cleveland ha recentemente annunciato di avere depositato la richiesta di brevetto per 10 mila geni del nostro Dna. Il metodo utilizzato dalla piccola azienda – già salita agli onori della cronaca nel 1997 quando annunciò di aver creato e brevettato il primo cromosoma umano artificiale – va sotto il nome di Random Activation of Gene Expression for Gene Discovery, Rage-Gd. A differenza dei tradizionali metodi usati dai concorrenti, il Rage non isola né clona i geni, ma li induce a sintetizzare le proteine. E la Athersys tenta di brevettare proprio le proteine, un sistema che oltre a essere più veloce ed economico, potrebbe anche permettere di superare alcune delle polemiche sulla brevettabilità dei geni.

La questione del diritto di brevettare un gene, cioè una porzione di un organismo, è piuttosto complicata e fonte di infiniti dibattiti. In mancanza di regole precise e universali, viene adottata una soluzione dal sapore un po’ salomonico. Il gene in quanto oggetto, cioè come porzione di molecola di Dna, non è brevettabile. E’ invece brevettabile la sua sequenza, cioè la lista ordinata delle basi che lo compongono. Il problema è che ottenere la sequenza è una faccenda lunga, difficile e costosa. Ma i geni servono per sintetizzare le proteine. E dunque, la Athersys pensa di porre il brevetto su queste ultime, che oltretutto hanno due notevoli vantaggi: sono molto più semplici da ottenere rispetto a una sequenza genica e non sono “parte” di un organismo, ma prodotti di sintesi e pongono meno problemi di tipo etico.

Così alla Athersys hanno messo a punto il Rage-Gd. Il Dna da esaminare viene spezzato per mezzo di radiazioni. Nei frammenti ottenuti vengono inseriti degli “interruttori”, particolari sequenze di Dna che possono attivare il processo di espressione genetica. Se l’interruttore si lega all’inizio di un gene, con un processo del tutto casuale, questo si “esprimerà” producendo la sua proteina caratteristica. Inoltre, il meccanismo d’azione del Rage permette di far esprimere anche sequenze di Dna che normalmente sono silenti, ovvero geni non utilizzati ma che comunque sono nella doppia elica e che in futuro potrebbero rivelarsi particolarmente utili.

Naturalmente, dietro alla questione brevetti si combatte una importante battaglia commerciale. Basti pensare che uno dei farmaci maggiormente usati oggi è l’insulina, appunto una proteina. E con l’espressione dei geni silenti alla Athersys sperano di ottenere qualche proteina interessante, di quelle che difficilmente i suoi concorrenti andranno a cercare. E si tratta di concorrenti impegnati in una corsa contro il tempo sempre più frenetica. A ottobre 1999 la Celera Genomics (http://www.celera.com/), che nel settembre dello stesso anno aveva annunciato di aver sequenziato per intero il patrimonio genetico del moscerino della frutta, ha dichiarato di aver inoltrato la richiesta di brevetto per 6500 geni, la Incyte si accontenta di 6300 mentre la HGSI ne vuole brevettare ben 6700.

Ma tutte e tre devono affrontare sfide tecnologiche di non poco conto e la concorrenza delle grandi case farmaceutiche che hanno deciso di gettarsi nella mischia appoggiando il Progetto Genoma Umano (http://www.nhgri.nih.gov/), la cordata di laboratori finanziati anche con fondi pubblici di vari paesi, tra cui l’Italia. Per le aziende il problema è arrivare in tempo sul mercato in modo da lanciare nuovi farmaci. Ma per farlo oltre a sequenziare i geni devono anche riuscire a capire cosa producono e quali disfunzioni porta il loro malfunzionamento. Cosa tutt’altro che banale e, soprattutto, un’operazione che richiede molto tempo. E, ormai, anche nel mondo del Dna il tempo è denaro.

L’annuncio dell’azienda di Cleveland ha sorpreso po’ tutti gli addetti ai lavori. Ma si trattava di una scelta precisa della Athesys. Kathryn Garvey, direttrice della Divisione strategie e sviluppo della società, ha dichiarato all’agenzia stampa Reuters: “Una delle ragioni per le quali abbiamo tenuto un basso profilo fino a oggi è perché abbiamo costruito la nostra proprietà intellettuale”. La frecciata è anche per le altre aziende concorrenti, che spesso utilizzano banche dati pubbliche e poi si rifiutano di condividere i risultati, anche parzialmente. E se i numeri rispecchiano la verità, vuol dire che nel firmamento della ricerca alla sequenza del genoma umano è nata una stella. Se buona o cattiva lo dirà il futuro.

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