L’azzeramento del debito per 14 paesi africani e 50 miliardi di dollari in aiuti, tre dei quali alla Palestina. Ma nessun reale accordo sui cambiamenti climatici. A giudicare da questi risultati non si può certo dire che il vertice del G8 svoltosi dal 6 all’8 luglio a Gleneagles, in Scozia, sia stato all’altezza delle aspettative. L’agenda delle superpotenze, che hanno ospitato al tavolo delle trattative anche i leader di India, Cina, Messico, Brasile e Sudafrica e i rappresentanti di sei organizzazioni internazionali, tra le quali le Nazioni Unite, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale del commercio (Wto), era fitta di argomenti cruciali da affrontare. Tra questi l’aumento dei prezzi del petrolio, la pace in Medio Oriente e il rilancio dei negoziati tra Israele e Palestina, la non proliferazione, la lotta al terrorismo. Ma a scandire i lavori sono stati soprattutto la povertà in Africa e il riscaldamento globale, temi supportati con forza dal padrone di casa, il primo ministro inglese Tony Blair.Se strappare agli otto grandi qualche finanziamento in più per i paesi in via di sviluppo è stato un compito più agevole, grazie anche al contributo di sensibilizzazione dei concerti del LiveAid, l’inquilino di Downing Street ha potuto davvero poco contro George Bush e i fumi delle sue industrie. Già alla vigilia del vertice, infatti, il presidente statunitense in un’intervista alla televisione britannica “Itv” aveva preannunciato che non avrebbe fatto alcun passo indietro sul clima. Tanto che si profilava addirittura l’ipotesi di un accordo a sette. Poi sono arrivate le aperture. Bush ha ammesso l’esistenza del problema e le responsabilità delle attività umane ma per combatterlo non intende tagliare le emissioni inquinanti bensì usare tecnologie verdi, per esempio l’idrogeno per le auto, l’energia nucleare e un dispositivo che cattura e interra i gas carbonici delle centrali termoelettriche. Alla fine la cordata dei paesi Ue ha accettato il compromesso. Il piano di azione, pur citando Kyoto, non fissa alcuna quota per le emissioni e rimanda la discussione a un incontro fra le parti il primo novembre prossimo in Gran Bretagna.Ha raccolto più successi, invece, la questione Africa. Blair aveva chiesto la cancellazione del debito dei paesi più poveri e il raddoppio degli aiuti fino ad arrivare a 50 miliardi di dollari entro il 2010. Prima dell’inizio del vertice era stato proposto di cancellare il debito estero a 18 paesi e l’Ue e gli Usa si erano impegnati a raddoppiare gli aiuti. L’incertezza riguardava i tempi e i modi. Gli Stati Uniti hanno proposto la linea degli aiuti selettivi da erogare entro il 2010 solo ai paesi democratici, e probabilmente a quelli importanti per le forniture energetiche. La Gran Bretagna, con il cancelliere britannico Gordon Brown, ha avanzato la proposta di un International Finance Facility (Iff), una linea di finanziamento che prende a prestito subito sui mercati il denaro degli aiuti previsti per il futuro. Parigi ha messo sul tavolo l’idea di una tassa sui biglietti aerei mentre l’Italia ha fatto sapere che avrebbe dato più aiuti solo se fosse stato possibile dedurli dai parametri di Maastricht. Alla fine, il documento conclusivo ha deciso la riduzione del debito, l’azzeramento di quello di 14 tra i paesi africani più poveri e 50 miliardi di dollari indicativi in aiuti. Che i paesi dell’Unione europea destineranno con lo 0,51 per cento del prodotto interno lordo entro il 2010, per arrivare allo 0,7 nel 2015. Tra i temi del summit anche la lotta all’Aids e alle epidemie, la creazione di una nuova forza di peacekeeping, l’impegno dei leader africani a promuovere la democrazia e il buon governo e la rimozione delle barriere commerciali, che renderebbe competitivi i prodotti dei paesi poveri in Occidente. Per la questione delle esportazioni agricole è stata chiesta la riduzione dei sussidi agli agricoltori dei paesi occidentali e quella dei dazi e delle tariffe interregionali ai paesi africani, per agevolare l’import-export interno al continente.