Africa, la grande esclusa

    Un’economia fragile, una spesa sociale prosciugata dalla lotta all’Aids e un capitale umano minato dagli alti tassi di analfabetismo e dalle basse aspettative di vita. Ecco il ritratto dell’Africa secondo l’African Economic Outlook, l’ultimo rapporto del Centro di sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e dell’African Development Bank, che verrà presentato lunedì 4 febbraio prossimo a Parigi. Con uno stile che è nella tradizione Ocse, lo studio effettua un’analisi comparativa di 22 paesi attraverso un modello macroeconomico che tiene conto anche di variabili sociali e politiche. Risultato: “Non è possibile avere un’ottica africana”, spiega a Galileo Roberto Longo, ricercatore che ha partecipato alla stesura del rapporto, “anche a fronte di trend di crescita, politiche monetarie e strategie simili di lotta alla povertà, non si attutiscono le differenze tra alcune aree, come per esempio quelle tra il Sud Africa e l’Africa orientale, fatta eccezione per la comune marginalizzazione rispetto all’economia mondiale”.

    Come si è creato questo distacco? E perché?

    “La partecipazione dell’Africa all’economia mondiale è drasticamente diminuita negli ultimi 50 anni. Il paese ha perso quote di commercio, quote di investimenti diretti, ha visto una diminuzione degli aiuti allo sviluppo. Solo il tasso di natalità, rapportato a quello della popolazione mondiale, è cresciuto nel corso del XX secolo. Tra le cause, ci sono i cambiamenti interni, l’instabilità politica, ma anche la specializzazione economica”.

    In futuro quali saranno i maggiori freni allo sviluppo?

    “Prima di tutto l’incapacità amministrativa e l’inadeguatezza delle procedure di controllo della spesa. Ma non bisogna dimenticare l’incidenza dell’Aids: da quando è iniziata l’epidemia ci sono stati circa 17 milioni di morti. Se poi guardiamo i dati dell’Africa australe la situazione diventa ancora più allarmante. Qui, per esempio, le aspettative di vita si sono ridotte di circa 16 anni – da una media di 59 a 43 anni – provocando una serie di effetti a catena. Come l’aumento della spesa e la riduzione del tasso d’investimento. Negli stati più colpiti l’Hiv ha minato profondamente il capitale umano. E oggi la maggior parte della spesa sociale viene destinata alla cura e alla prevenzione invece che ad altre voci. L’Aids poi ha avuto pesanti conseguenze anche sulla produzione di ricchezza dei Paesi, come si evince dalla riduzione negli anni del tasso di crescita del prodotto interno lordo”.

    Quanto incidono gli aiuti allo sviluppo sulla crescita economica dell’Africa?

    “I programmi di lotta alla povertà hanno bisogno di maggiori finanziamenti. Al contrario, l’Oda (Official Development Assistance) in Africa ha avuto una brusca diminuzione tra il 1995 e il 1999, di circa il 6 per cento, anche se ha avuto una lieve ripresa tra il 1997 e il 1999 con una diminuzione ridotta dell’1,1 per cento. Se si considerano invece gli aiuti pro capite si nota che questi non seguono sempre il criterio della lotta alla povertà. La maggior parte di questi, infatti, è destinata a un piccolo e agiato gruppo di Paesi, come Namibia, Senegal e Ghana. Tra le nazioni più povere l’Etiopia è tra i meno sostenuti. Fa eccezione invece il Mozambico. Uscendo da un periodo di guerra, nei suoi confronti si è attuata una strategia di catching – up da povertà assoluta. E oggi rappresenta un caso in cui organizzazioni internazionali e governo locale hanno saputo sfruttare efficacemente i fondi d’aiuto bilaterali e multilaterali”.

    Quali sono gli effetti dell’iniziativa per la riduzione del debito dei paesi maggiormente gravati (Hipc)?

    “E’ ancora presto per dirlo, visto che questa iniziativa, voluta dalle istituzioni finanziarie internazionali e dai membri del Club di Parigi, è recente. Risale infatti alla metà del 1999 ed è subordinata alla capacità di un paese di fornire alcune garanzie in termini di lotta alla povertà. Oggi pochi paesi come Uganda, Mozambico e Burkina Faso hanno raggiunto la fase in cui il loro debito verrà effettivamente ridotto. D’altra parte è difficile misurare l’efficacia dell’iniziativa Hipc perché a causa di procedure di spesa inadeguate, in alcuni paesi, non è possibile stabilire le cifre destinate alla riduzione della povertà”.

    Quali sono le prospettive di sviluppo dell’ Africa?

    “Un segnale positivo viene dal Nepad (New Partnership for Africa’s Development) un’iniziativa di alcuni paesi leader, come Sud Africa, Algeria, Nigeria e Senegal per lanciare un processo d’integrazione africana e avviare concreti progetti di cooperazione regionale e di coordinamento delle infrastrutture. Il suo successo però è strettamente legato alla volontà politica”.

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